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Data: 18/09/2016 19:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il minacciato atto di autolesionismo dell'occupante abusivo di un immobile al momento dell'accesso in loco della polizia giudiziaria, è idoneo di per sè ad integrare la materialità del reato di cui all'art. 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale). Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 37798/2016 (qui sotto allegata). A seguito dell'accesso effettuato dalla Polizia locale nella cantina di uno stabile, abusivamente occupato da un uomo, interveniva suo fratello brandendo un coltello da cucina, che puntava dapprima alla propria gola, minacciando atti di autolesionismo, quindi all'indirizzo di un agente. Da qui la condanna per il reato previsto e punito dall'art. 337 cod. pen. (resistenza a pubblico ufficiale) che anche la Corte d'Appello confermava, pur riducendo la condanna a cinque mesi e dieci giorni. L'uomo ritiene sussistente violazione di legge e vizio di motivazione, "per avere i giudici di merito escluso la sussistenza della causa di non punibilità della reazione ad atto arbitrario del pubblico ufficiale", di cui all'art. 393 bis c.p., aggiungendo che la Corte non ha neppure affrontato la specifica doglianza formulata con l'atto di appello, a proposito della negata minaccia rivolta all'indirizzo del poliziotto. Per gli Ermellini il ricorso va tuttavia rigettato: la prima e principale censura altro non è se non la riproposizione dell'identica doglianza già sottoposta al vaglio della Corte distrettuale e da questa correttamente disattesa. I giudici d'appello hanno dato atto della sicura estraneità della vicenda in esame alla sfera di operatività dell'art. 393 bis cod. pen., non solo alla stregua della consolidata interpretazione giurisprudenziale con cui sono stati tratteggiati i contorni dell'arbitrarietà dell'atto di p.g., rilevante ai fini dell'applicazione dell'esimente di cui trattasi, ma, a monte, alla luce delle peculiari modalità della odierna vicenda. Infatti, la vicenda esaminata è connotata dall'esistenza di un indiscutibile fatto di reato, sub specie di occupazione abusiva, da ciò discendendo la palese inesistenza dell'obbligo di seguire la procedura prevista per il rilascio di immobili legittimamente occupati, come sostiene la difesa. Pertanto, deve ritenersi la sicura legittimità dell'accesso forzato eseguito dalla Polizia Locale. Privo di pregio è anche il secondo motivo di ricorso: il primo giudice ha correttamente evidenziato il difetto di credibilità della parziale negativa proveniente dall'imputato, non senza sottolineare la sostanziale irrilevanza della circostanza, valendo di per sé il minacciato atto di autolesionismo ad integrare la materialità del reato di cui all'art. 337 cod. pen.
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