Data: 21/09/2016 17:40:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Niente responsabilità per la condotta omissiva del medico se le chance di salvezza di un paziente sono inferiori rispetto a quelle di un esito infausto. La condotta del medico infatti, in tal caso, si inquadra come una possibile concausa non determinante e non prevalente rispetto ad altre che hanno causato il decesso. A stabilirlo è il Tribunale di Palermo, con la recente sentenza n. 4147/2016 (qui sotto allegata), rigettando la richiesta di risarcimento danni avanzata dai figli di una donna deceduta a seguito di un controllo al pronto soccorso, nei confronti del medico di turno e dell'Asl.

Nella vicenda, gli attori trascinavano in giudizio la dottoressa del pronto soccorso ritenendo che avesse solo superficialmente visitato la loro madre che accusava forti dolori al torace, dimettendola dopo averle somministrato un antidolorifico. La paziente 72enne però nel giro di poche ore veniva riaccompagnata al pronto soccorso dove, su impulso di altro medico di turno, veniva sottoposta a tac d'urgenza la quale rilevava la dissecazione dell'aorta toracica, causa qualche ora più tardi del decesso.

Per i ricorrenti, la condotta inadempiente della dottoressa avrebbe causato o comunque agevolato l'aggravarsi delle condizioni di salute della loro madre, al punto che al momento del secondo accesso presso la struttura ospedaliera, le sue condizioni erano ormai divenute talmente gravi e irreversibili da determinarne il decesso.

Il giudice però è di contrario avviso.

La giurisprudenza, ha premesso il tribunale, "è ormai attestata sulla natura contrattuale della responsabilità derivante dall'attività medica di talchè l'onere della prova che ricade sul paziente è limitato alla prova del rapporto intercorso con il medico e del peggioramento delle proprie condizioni di salute, mentre è il medico che deve dimostrare l'insussistenza del nesso di causalità fra la propria condotta e le conseguenze dannose lamentate ovvero l'inesistenza di colpa nell'esecuzione della propria prestazione".

Nel caso di specie, all'esito della ctu disposta nel corso del giudizio tale nesso di causalità tra la condotta del medico e il decesso, ha proseguito il giudice palermitano, è risultato insussistente, giacché per quanto la perizia abbia rilevato significativi profili di imprudenza nella condotta della dottoressa, considerato lo specifico rischio chirurgico e la situazione di salute ampiamente compromessa della paziente, "le chances di salvezza erano da considerarsi inferiori rispetto a quelle di esito infausto, che era più probabile (in misura percentuale superiore all'80%)". Pertanto, "non si concretizza responsabilità per debole relazione causale fra la condotta omissiva e il decesso, che sarebbe stato più probabile che non anche in caso di idoneo trattamento".

La condotta del medico quindi si inserisce solo come una "possibile concausa nel verificarsi dell'evento che – a parere del tribunale – non ha determinato il decesso appunto per il prevalente apporto delle altre concause puntualmente individuate". Per cui, le richieste risarcitorie degli eredi non possono essere accolte.


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