Data: 18/10/2016 11:10:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Viola il dovere di lealtà e probità l'amministratore di sostegno che rifiuta, senza giustificato motivo, una proposta vantaggiosa per il suo assistito: tale atteggiamento giustifica la condanna del rappresentante alla rifusione delle spese processuali in favore della parte vittoriosa, ai sensi dell'art. 94 c.p.c.

Lo ha stabilito il Tribunale di Verona, sentenza del 14 giugno 2016 (giudice relatore Massimo Vaccari) pronunciandosi a seguito dell'stanza di un avvocato che aveva convenuto in giudizio un cliente, in persona della sua amministratrice di sostegno, per sentirlo condannare al pagamento in proprio favore di una somma a titolo di compenso per l'assistenza prestata in favore del convenuto in una vertenza stragiudiziale in materia di successione.

Dopo aver risolto la controversia riconoscendo all'attore una somma di 3.600,00 euro oltre accessori, quanto alla regolamentazione delle spese processuali, il Tribunale stabilisce che vadano poste a carico del convenuto in applicazione del principio della soccombenza e anche a carico della sua rappresentante in proprio in applicazione dell'art. 94 c.p.c.

Questa norma infatti, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, consente la condanna del soggetto che rappresenti la parte, in presenza di gravi motivi, da identificarsi nella violazione del dovere di lealtà e probità di cui all'art. 88 c.p.c. o nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata.

Tali presupposti sono senza dubbio ravvisabili nel caso di specie, stante la totale indisponibilità dell'amministratrice di sostegno a considerare soluzioni della controversia alternative alla decisione. Questa, infatti, a differenza dell'attore, ha rifiutato la proposta conciliativa che il Tribunale aveva formulato alla precedente udienza, e che sarebbe stata per lei vantaggiosa, senza addurre nessuna giustificazione oggettiva di tale sua scelta (non può infatti ritenersi giustificata la scelta derivante dalla convinzione della fondatezza dei propri assunti) ed esponendo in tal modo il soggetto da lei rappresentato ad un maggiore esborso economico.

La possibilità di ricondurre tale comportamento nell'ambito di applicazione del combinato disposto degli artt. 88 e 94 c.p.c. discende dalla considerazione che il rifiuto della proposta conciliativa senza giustificato motivo, secondo la migliore ricostruzione, integra una violazione del dovere di lealtà e probità.


Tutte le notizie