Data: 04/12/2016 19:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Con una singolare pronuncia del 24 ottobre scorso, il Tribunale di Milano ha affermato che i redditi che, probabilmente, il marito ha conseguito in nero non incidono in alcun modo sulla determinazione dell'assegno che questi sarà eventualmente chiamato a corrispondere all'ex dopo la separazione.

Per il giudice meneghino, infatti, l'evasione comporterebbe "solo" conseguenze fiscali e penali mentre non rileverebbe nel giudizio di separazione per la valutazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in quanto, diversamente, si rischierebbe di avallare il compimento di comportamenti illeciti. Più precisamente, il Tribunale ha ritenuto che "l'eventuale disponibilità in passato di entrate illecite [...], di cui tutto il nucleo familiare nel complesso abbia sino ad ora beneficiato, ancorché accertata [...] non potrà certo essere presa a parametro di riferimento del tenore di vita svolto dal nucleo familiare e consentita per il futuro".

Nel caso di specie, a sostegno della presenza di redditi in nero dell'uomo, la ex moglie aveva prodotto una relazione di un detective privato che aveva accertato l'esistenza di una prestazione eseguita senza fattura. A tal proposito, però, il Tribunale non ha omesso di sottolineare che il dossier comunque non sarebbe bastato a provare l'effettiva presenza di redditi non dichiarati: esso, pur avendo valore indiziario, avrebbe dovuto comunque "trovare riscontro probatorio in sede istruttoria attraverso la testimonianza dell'investigatore privato che ha effettuato l'attività investigativa".

Tale pronuncia, in realtà, si pone in contrasto con un orientamento che ha ormai preso piede nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, dinanzi al sospetto di attività svolte in nero, il giudice della separazione deve guardare all'effettivo tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio, a prescindere dai redditi dichiarati.

Si guardi, ad esempio, alla sentenza numero 17738/2015 con la quale la Corte di cassazione ha sancito che in simili casi ad avere rilevanza ai fini della determinazione dell'assegno sono le proprietà di immobili, auto di grossa cilindrata e natanti, la formazione di una nuova famiglia, la frequentazione di centri sportivi e circoli, l'ausilio di una collaboratrice domestica e così via.

Tornando alla recente sentenza del Tribunale di Milano, è interessante poi rilevare che essa ha confermato quali sono i limiti entro i quali è possibile l'assegnazione parziale della casa familiare.

In generale, infatti, tale assegnazione non è da escludere ma, nell'interesse della prole, il giudice deve evitarla quando tra i coniugi vi è ancora un'elevata conflittualità (in argomento leggi anche: "Separazione: Cassazione, sì all'assegnazione parziale della casa familiare").

Nel caso di specie, i contrasti tra mamma e papà sono stati giudicati idonei a influire negativamente sul figlio, ancorché maggiorenne, e, pertanto, si è ritenuto di non avallare la richiesta di limitare l'assegnazione della casa familiare ad una porzione dell'immobile.


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