Data: 29/10/2016 18:00:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - Nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato, il dipendente che non usufruisce dei riposi può diventare vittima di stress lavoro-correlato: la circostanza, a sua volta, diventa fonte di danno risarcibile.

In effetti, l'usura che deriva da un maggiore sforzo profuso per il lavoro, di regola dovrebbe trovare una forma di compensazione contrattuale, così che la retribuzione accordata al lavoratore non subisca una decurtazione ingiusta per effetto dell'eccessivo dispendio di energie lavorative.

E' il caso di quei dipendenti (conducenti di linea) che hanno avuto ragione in causa dopo aver chiesto che venisse riconosciuto il loro diritto ad avere un'indennità sostitutiva per ogni ora o frazione di ora di riposo giornaliero / settimanale non goduto nei termini del Regolamento CEE n. 3228 del 20.12.1985 richiamato da Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 (art. 174).

In questa causa, la Corte territoriale ha ritenuto utile la documentazione prodotta dai dipendenti al fine di dimostrare il danno da usura lavorativa.

Sono stati prodotti infatti in giudizio tanto i fogli delle competenze mensili quanto i relativi prospetti paga, dai quali desumere con facilità i turni giornalieri nelle distinte residenze di servizio.
Tra l'altro, mentre i dipendenti interessati hanno allegato tale documentazione, l'azienda ha trascurato di adempiere all'ordine di esibizione dei registri contenenti i turni effettuati dai ricorrenti (per verificare se questi potevano apparire difformi da quelli prodotti dagli antagonisti).

Il risultato del comportamento processuale delle parti è stato il riconoscimento del danno in questione.
Il danno da usura psico fisica quindi:

1) è stato ritenuto provato sulla base delle presunzioni costituite dalla maggiore penosità scaturita dal costante prolungamento dell'attività lavorativa, in assenza di riposi adeguati e fisiologici,

2) è stato quantificato equitativamente.

Stress lavoro-correlato

Inutile il ricorso in Cassazione del datore di lavoro: la Suprema Corte bolla con un secco no le domande proposte.

Particolare menzione merita il terzo argomento utilizzato dalla Cassazione in tema di quantificazione del risarcimento.

Il punto di partenza per arrivare a soluzione è questo: il lavoratore ha l'onere di allegare e dimostrare il tipo di danno sofferto, inoltre deve provarne il nesso causale con l'inadempimento del datore.

Bisogna infatti distinguere il momento della violazione degli obblighi contrattuali da quello produttivo di danno, essendo il danno eventuale: la regola è che la violazione di un dovere non equivale in automatico a un danno.

Nello specifico, la mancata concessione di riposi compensativi integra l'ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psicofisica) da fatto illecito o inadempimento contrattuale, risarcibile nel caso si provi un reale pregiudizio alla salute.
Siamo nel campo quindi del cosiddetto danno da stress, in questo caso derivante dal mancato riconoscimento di soste obbligatorie nella guida (ma gli esempi potrebbero essere tanti e diversi).

In buona sostanza: il danno da usura è una parte del più generale danno non patrimoniale da fatto illecito e la sua risarcibilità presuppone l'esistenza di un concreto pregiudizio subito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava l'onere della prova anche attraverso presunzioni semplici.

La liquidazione equitativa del danno è stata quindi ritenuta corretta perché basata sulla prova dei mancati riposi, dalla quale il Giudice ha presunto la maggiore gravosità del lavoro svolto in periodi destinati al riposo.

Come comportarsi in casi simili

Il rapporto tra salute psico fisica e lavoro è delicatissimo: non indugiare nel ricorso se c'è violazione degli obblighi contrattuali.

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