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Data: 27/11/2016 18:50:00 - Autore: Avv. Daniele Paolanti Avv. Daniele Paolanti - Prima di procedere con la disamina dell'onus probandi oggetto della presente trattazione, potrebbero rendersi necessarie alcune considerazioni preliminari atte a definire il campo di indagine. Per responsabilità contrattuale si intende quella conseguente a danno da lesione di un diritto relativo a seguito di un inadempimento. Per responsabilità extracontrattuale o aquiliana si intende quella conseguente ad un danno ingiusto e come tale meritevole di risarcimento secondo le disposizioni di cui all'art. 2043 c.c. La disciplina dell'onere probatorioL'onere probatorio che incombe sulle parti laddove le medesime volessero proporre un'azione di responsabilità contrattuale o extracontrattuale è, ovviamente, diverso. In materia di responsabilità contrattuale vige la disposizione dettata dall'art. 1218 c.c. , quindi l'attore può dar conto del proprio diritto e dell'esigibilità della prestazione e della mancanza di essa semplicemente deducendola. E' il debitore che è gravato dell'onere di dimostrare di non aver potuto adempiere per una causa a lui non imputabile. Invece nella responsabilità extracontrattuale colui che agisce è tenuto a dimostrare non solo l'esistenza del danno e l'esatto ammontare dello stesso ma finanche la riconducibilità di detto evento ad una condotta imputabile al soggetto contro il quale si agisce (nesso causale). La posizione della giurisprudenza sulla responsabilità contrattualeQuanto sin qui esposto trova conferma in una recente pronuncia della Suprema Corte la quale ha ritenuto che in tema di responsabilità da attività medico-chirurgica, il paziente che agisca in giudizio deducendo l'inesatto adempimento deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando invece a carico dell'obbligato l'onere della prova circa l'esatto adempimento, rispetto al quale non assume rilievo alcuno la valutazione in merito alla difficoltà della prestazione (Cassazione civile sez. III 18 settembre 2015 n. 18307). Di particolare interesse risulta essere una pronuncia resa dalla Corte di Cassazione nel 2015 dalla quale si apprende che "In tema di responsabilità contrattuale ai fini del risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti all'inadempimento del contratto non è sufficiente la prova dell'inadempimento del debitore, ma deve altresì essere provato il pregiudizio effettivo e reale incidente sulla sfera del danneggiato, in termini sia di danno emergente sia di lucro cessante, e la sua entità. Il danno patrimoniale da mancato guadagno, in particolare, presuppone la prova, anche presuntiva, dell'utilità patrimoniale che secondo un giudizio di probabilità il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, dovendosi escludere i mancati guadagni meramente ipotetici" (Cassazione civile sez. III 03 dicembre 2015 n. 24632). Dalla citata pronuncia si apprende come in tema di inadempimento di un contratto non sia sufficiente la mera allegazione dell'inadempimento del debitore richiedendosi piuttosto finanche la prova del danno subito, con specifica indicazione dell'utilità che il creditore avrebbe potuto conseguire laddove il rapporto obbligatorio si fosse concluso adeguatamente. Ancora, a maggior suffragio di quanto sin qui esposto si riporta ulteriore massima di derivazione giurisprudenziale dalla quale si assume quale sia il regime della responsabilità professionale: "Nell'azione di risarcimento del danno per responsabilità medico-professionale occorre fornire prova della condotta illecita del sanitario rispetto all'evento lesivo lamentato" (Cassazione civile sez. III 13 gennaio 2016 n. 344). Da ultimo, in materia di responsabilità da contatto sociale qualificato, è stato ritenuto in giurisprudenza che la violazione di obbligazioni specifiche che trovano la loro fonte in un "contatto sociale qualificato", e non invece in un contratto, può comportare una responsabilità di tipo contrattuale, con i connessi vantaggi anche per quanto riguarda l'onere della prova (Tribunale Trieste 09 dicembre 2015 n. 833). La posizione della giurisprudenza sulla responsabilità extracontrattualeCome già accennato in tema di responsabilità extracontrattuale non è sufficiente limitarsi a dedurre l'inadempimento richiedendosi piuttosto all'attore di provare con manifesta chiarezza l'entità del danno nel suo esatto ammontare e, soprattutto, l'eziologia, rectius, il nesso causale che correla la condotta dell'agente all'evento lesivo. Non solo. È richiesto finanche che venga offerta esaustiva prova circa l'elemento soggettivo, e quindi che venga offerta la prova del dolo o quanto meno della colpa grave disponendo l'art. 2043 c.c. che "Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". La prova della colpa è a carico del danneggiato. Detti parametri sono stati egregiamente riassunti in un precedente della giurisprudenza di merito in materia di sinistri e responsabilità ex art. 2051 e 2043 c.c., dal quale si apprende che "Secondo una corretta applicazione dei principi concernenti l'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., chi propone domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti ad un sinistro, dei quali afferma responsabile il convenuto ex art. 2051 o 2043 c.c., debba dare prova del fatto, dell'evento dannoso e del nesso di causalità fra il fatto e l'evento e che nel caso di mancato assolvimento da parte del danneggiato del relativo onere probatorio la domanda debba venire rigettata" (Tribunale Monza sez. II 05 maggio 2016 n. 1228). La Suprema Corte si è esposta ulteriormente in materia di onere probatorio in materia di pubblicità ingannevole arrivando a sostenere che "Il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c. per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l'esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose" (Cassazione civile sez. III 17 dicembre 2009 n. 26517). Quando l'autore del fatto ha violato specifiche norme giuridiche di condotta, la prova di tale violazione è "prova sufficiente di colpa" e, in questa ipotesi, spetta all'autore del fatto di dimostrare la sua mancanza di colpa, cioè dimostrare che l'inosservanza di una norma era conseguente ad un caso fortuito non evitabile con la normale diligenza (Bianca, Diritto Civile, Vol. 5, La responsabilità, seconda edizione, p. 584). ConclusioniDalla disamina della giurisprudenza citata e dal dettato normativo si giunge consapevolmente ad una conclusione: l'onere della prova in materia di responsabilità extracontrattuale è sostanzialmente più gravoso per l'attore richiedendosi a quest'ultimo la specifica prova del danno, nell'an e nel quantum, prova del nesso causale che correli eziologicamente il danno alla condotta dell'agente nonché specifica dimostrazione della sussistenza del dolo o almeno della colpa grave in capo a questi. Nella responsabilità contrattuale l'attore si limita a dedurre l'inadempimento del diritto (normalmente relativo come ad es. il credito) conferendo all'attore l'onere di provare il suo esatto adempimento. |
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