Data: 10/11/2016 17:00:00 - Autore: Avv. Daniele Paolanti

1. Premessa

La Corte di Cassazione in una recente pronuncia è tornata ad occuparsi della legittimità di determinate forme di addestramento degli animali ed, in species, dell'impiego del collare elettrico. Dalla sentenza citata ne emerge come i giudici di legittimità abbiano inteso operare una distinzione tra reato di maltrattamento e quello di abbandono con specifico riferimento alle varie tecniche di addestramento.

2. Le differenze con il collare elettrico antiabbaio

Protagonista di una delle vicende di cui si è occupata la Corte è un uomo proprietario di due cani impiegati per attività venatoria che era solito addestrarli mediante l'impiego di un collare elettrico che emetteva impulsi di brevissima durata ed energia trascurabile ed a mezzo del quale provvedeva al loro richiamo. Non è la prima volta che il collare elettrico è oggetto di un intervento giurisprudenziale, dal momento che già in precedenza la Corte si era occupata di detta circostanza valutando la liceità dell'impiego del collare antiabbaio. In detta ipotesi, secondo i giudici di Piazza Cavour, si configurerebbe il reato di maltrattamento di animali ex art. 544 ter del Codice Penale. Detta norma prevede, al comma 1, infatti che "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro". In passato la Corte si era espressa nel senso di ritenere che "costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all'articolo 727 Cp ogni comportamento produttivo nell' animale di sofferenze che non trovino giustificazione nell'insuperabile esigenza di tutela non altrimenti realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili, ancorché non limitati a quelli primari cui si riferisce l'articolo 54 Cp, rimanendo quindi esclusa detta giustificazione quando si tratti soltanto della convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell'animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento" (v. per tutte Cassazione, Sezione terza, sentenza 43230/02).

3. Il collare elettrico per addestramento

La Corte di Cassazione in una recente pronuncia ha invece ritenuto che l'impiego del collare elettrico per addestrare un animale configuri il diverso reato di abbandono di animale, avendo riconosciuto i giudici di Piazza Cavour che "L'utilizzo di collare elettronico, che produce scosse o altri impulsi elettrici trasmessi al cane tramite comando a distanza, integra la contravvenzione di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, poichè concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica dell'animale" (Cassazione penale sez. III  11 febbraio 2016 n. 21932). La norma alla quale fare riferimento dunque sembra essere l'art. 727 del Codice Penale, rubricato "Abbandono di animali" il quale sanziona non solo coloro i quali abbandonino cani domestici o che abbiano acquisito le abitudini della cattività ma finanche coloro i quali mantengano un animale in condizioni tali da rivelarsi incompatibili con la loro natura o comunque suscettibili di arrecare loro gravi sofferenze. 

4. Conclusioni

Dalla giurisprudenza esaminata ne emerge un'evidente dicotomia: l'impiego del collare elettrico per fini di addestramento configura l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 727 c.p., soprattutto il comma II laddove è prevista una sanzione per coloro i quali detengano gli animali in condizioni incompatibili con la loro natura o tali da arrecare loro gravi sofferenze mentre, invece, l'impiego del collare elettrico con emissioni di scariche antiabbaio configura la diversa ipotesi di maltrattamento di animali, sanzionata dall'art. 544 ter c.p. in quanto detta condotta sottopone il cane a condizioni tali da renderlo soggetto ad insostenibili fatiche che ben potrebbero condurlo all'incrudelimento o comunque a condizioni diametralmente opposte alle sue caratteristiche etologiche.


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