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Data: 05/10/2022 15:00:00 - Autore: Daniele Paolanti
Riconoscimento delle sentenze straniere: la disciplina[Torna su]
A seguito dell'entrata in vigore della legge 218 del 1995, contenente la disciplina del sistema di diritto internazionale privato, è stato abrogato l'art. 796 c.p.c., dal momento che l'art. 73 della legge di d.i.p. lo ha sostituito con l'applicazione degli artt. 64-65 della medesima (a far data dal 31.12.1996). Il riconoscimento delle sentenze emanate all'estero ha subito sostanziali modifiche nel corso degli anni, tant'è vero che si è passati da un sistema essenzialmente restrittivo ad uno che consente un ampio riconoscimento dei provvedimenti giudiziari esteri. In particolare a livello europeo è stata firmata la Convenzione di Bruxelles del 1968, la quale ha introdotto il c.d. principio del riconoscimento automatico, principio che ha consentito di superare il nazionalismo giudiziario per incentivare, a livello europeo, una vera e propria "giurisdizione europea". Il principio del riconoscimento automatico[Torna su]
La riforma del d.i.p. ha consentito, come sopra detto, il superamento del c.d. nazionalismo giudiziario a favore di un ampio riconoscimento delle sentenze emanate all'estero. Infatti anche il codice del 1865 si fondava sul principio del riconoscimento automatico. Giova precisare che la legge di riforma ha consentito altresì di pervenire ad una soluzione estremamente innovativa, ovvero il superamento di quella regola ormai vetusta che sottoponeva il riconoscimento delle sentenze straniere al procedimento di delibazione di cui all'art. 796 c.p.c., oggi abrogato dall'art. 64 della legge 218/1995. Detta norma così prevede: "La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: a) il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano; b) l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa; c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge; d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato; f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero; g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico". La conformità all'ordine pubblico[Torna su]
Passiamo in rassegna detta disposizione normativa. Elementi essenziali affinché un provvedimento giudiziario possa essere introdotto nel nostro ordinamento sono quelli tassativamente elencati nella predetta norma, ma tra essi quello che appare meritevole di particolare attenzione è quello in cui si legge che le disposizioni della legge non devono essere contrarie all'ordine pubblico. Giova precisare che l'ordine pubblico al quale si fa riferimento è l'ordine pubblico "processuale" e non quello sostanziale operante come limite al meccanismo di richiamo. Sul punto la giurisprudenza è copiosa. In particolare si segnalano le sentenze n. 6978 del 2006 con cui la Corte di Cassazione ha ritenuto conforme all'ordine pubblico sentenze di divorzio pronunciate in assenza di sentenze di separazione; la n. 1769 del 1999 con cui la Suprema Corte ha ammesso che l'inesistenza di un giudizio di legittimità generalizzato in un ordinamento sia condizione di preclusione di riconoscimento delle sentenze nel nostro ordinamento; ovvero la n. 17 gennaio 2013 n. 1163, con cui si è riconosciuta la conformità all'ordine pubblico di sentenze emanate all'estero in cui viene sancita la condanna per debiti di gioco legalmente esercitato. Da ultimo si riportano le nn. 41057/2021 e 34277/2020 con cui la Cassazione ha affrontato questioni giuridiche relative al riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze penali straniere e la n. 21233/2021 con cui la S.C. ha stabilito che in tema di riconoscimento di sentenze straniere, il giudice è tenuto a verificare se siano stati soddisfatti i principi fondamentali dell'ordinamento, precisando che non è ravvisabile una violazione del diritto di difesa in ogni inosservanza di una disposizione della legge processuale straniera, ma soltanto quando la stessa, per la rilevante incidenza, abbia determinato una lesione del diritto di difesa rispetto all'intero processo. Il controllo dell'autorità giudiziaria italiana[Torna su]
Il controllo dell'autorità giudiziaria italiana nei confronti delle sentenze emanate all'estero e che siano state riconosciute in virtù del principio di cui all'art. 64 è meramente eventuale ed opera solo in alcune circostanze, tipizzate dall'art. 67 della legge 218 del 1995. Detta norma così dispone: "In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla Corte d'Appello del luogo di attuazione l'accertamento dei requisiti del riconoscimento. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l'attuazione e l'esecuzione forzata. Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al giudizio". Dalla norma citata emerge che, laddove si voglia chiedere l'ottemperanza di una sentenza straniera o, ancora, laddove si volesse contestare il riconoscimento di una sentenza straniera, l'interessato può chiedere alla Corte di Appello l'accertamento dei requisiti di accertamento. |
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