Data: 11/11/2016 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - L'insulto al sindaco, a cui in dialetto viene detto "siamo considerati un paisi picchi avemu un cretinu che ni rappresenta", è stato depenalizzato e pertanto non è penalmente perseguibile.

Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 47562/2016 (qui sotto allegata). Il ricorrente era stato condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile perché, più volte aveva offeso l'onore e il decoro del sindaco del suo paese, dandogli del "cretino" con frasi in dialetto.

La Cassazione precisa che la fattispecie di cui all'art. 594 c.p. non è più prevista dalla legge come reato, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016.  

Il Collegio ripercorre, inoltre, i termini del contrasto che hanno coinvolto la sorte delle statuizioni civili: parte della giurisprudenza, riteneva che la sentenza di condanna per abolitio criminis ai sensi dell'art. 2, comma secondo, c.p., non facesse venir meno della natura di illecito civile del medesimo fatto, con la conseguenza che la sentenza non dovesse essere revocata relativamente alle statuizioni civili derivanti da reato, le quali avrebbero continuato a costituire fonte di obbligazioni efficaci nei confronti della parte danneggiata.

Tuttavia, l'indirizzo poi prevalso e confermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza n. 28051 del 29/09/2015, quanto alle statuizioni civili scaturenti dalla sentenza di condanna pronunciata in entrambi i gradi di giudizio, ha ritenuto la necessità, per il giudice dell'impugnazione, di revocare anche i capi della sentenza concernenti gli interessi civili, in caso di declaratoria di non doversi procedere perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, in relazione a sentenza di condanna avente ad oggetto un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7. 

Nel caso di specie ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio, ai sensi dell'art. 620, lett. a), cod. proc. pen., perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con conseguente revoca anche delle statuizioni civili

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