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Data: 11/07/2022 12:00:00 - Autore: Francesca Servadei
Esame testimoniale penale: normativa[Torna su]
L'esame testimoniale nel processo penale è disciplinato dalla normativa contenuta nel titolo II dedicato ai mezzi di prova, capo I intitolato “Testimonianza”, dall'art. 194 all'art. 207 c.p.p, anche se all'interno del codice sono altre le norme dedicate a questo istituto. Contenuto dell’esame testimoniale[Torna su]
Oggetto dell'esame sono i fatti che costituiscono l'oggetto della prova, il testimone infatti non può deporre sulla moralità dell'imputato, a meno che dette informazioni non siano utili a definire la pericolosità sociale del soggetto o la sua personalità in relazione al reato commesso. Al testimone possono essere rivolte inoltre domande relative ai suoi rapporti di parentela o di altra natura con altri testimoni o con le parti, se sono necessarie per valutarne la credibilità, mentre la deposizione finalizzata a definire la personalità della persona offesa è ammessa solo se il fatto dell'imputato deve essere valutato in relazione alla condotta della vittima. Il testimone non può comunque esprimere opinioni personali o deporre su voci correnti nel pubblico, a meno che dette questioni non siano scindibili dal resto delle dichiarazioni. Testimonianza indiretta o de relato[Torna su]
Può accadere anche che dei fatti oggetto del procedimento penale siano a conoscenza dei soggetti che ne abbiano avuto una conoscenza indiretta, anche in forma diversa da quella orale, perché degli stessi hanno acquisito informazioni per mezzo di altre persone. Spetta però al giudice, se ha interesse a conoscere i fatti dai testimoni indiretti, disporre l'esame degli stessi d'ufficio o su richiesta di parte. Capacità di testimoniare[Torna su]
Per quanto riguarda la capacità di testimoniare si può affermare che, in linea generale, ogni soggetto possiede la capacità di rendere la propria testimonianza, in alcuni casi però si può rendere necessario verificare l'idoneità sia fisica che mentale del soggetto. Spetta al giudice però, anche d'ufficio, ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. Stante la loro utilità ai fini della testimonianza, anche precedenti accertamenti non precludono l’assunzione della testimonianza. Incompatibilità a testimoniare[Torna su]
Diversa dalla capacità a testimoniare è l'incompatibilità. L'articolo 197 del codice di procedura penale dispone che non possono essere sottoposti ad esame testimoniale i coimputati per il medesimo reato e le persone imputate in un procedimento connesso fatti salvi casi particolari (artt. 196 e 197 c.p.p). Parimenti non possono essere sentiti come testimoni il responsabile civile, la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, coloro che nello stesso procedimento hanno svolto o svolgono il ruolo di giudice, pubblico ministero, ausiliario o difensore e coloro che hanno formato i documenti delle dichiarazioni e delle informazioni assunte in base all'articolo 391 ter c.p.p. Obblighi del testimone[Torna su]
Il testimone una volta citato deve presentarsi al giudice e rispettare quanto lo stesso prescrive per necessità processuali. Egli è tenuto a rispondere secondo verità alle domande che gli vengono rivolte. In ogni caso non può essere obbligato a rendere testimonianza in relazione a fatti dei quali potrebbe emergere la sua responsabilità penale. Astensione dalla testimonianza[Torna su]
Al fine di rendere il più possibile imparziale la testimonianza in relazione ai fatti oggetto del procedimento penale il codice di procedura dispone che i prossimi congiunti dell'imputato non siano obbligati a deporre, dovendo intendersi per prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti il coniuge, i fratelli e le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii, i nipoti e gli affini, solo se il coniuge non è morto e vi sono figli. Spetta al giudice, a pena di nullità, avvisare questi soggetti che hanno il diritto di astenersi, chiedendo ovviamente se intendono avvalersi di questa possibilità. Non sempre però costoro possono esercitare tale diritto. Sono infatti tenuti a rendere testimonianza quando hanno presentato denuncia, querela, istanza o se loro o un loro prossimo congiunto sono stati offesi dal reato. Queste regole valgono anche per chi ha con l'imputato un vincolo di adozione. Il comma tre dell'articolo 199 dispone infine regole particolari sull'astensione dalla testimonianza per chi ha con l'imputato un legame di convivenza coniugale o un'unione civile. Testimonianza e segreti[Torna su]
Un'ulteriore deroga al generale obbligo di dire la verità da parte della persona che ricopre il ruolo di testimone è quella contenuta nell'articolo 200 del codice di procedura civile. La norma dispone infatti che non sono obbligati a deporre in relazione ai fatti di cui hanno conoscenza in ragione del loro ufficio ministero professione i ministri di confessioni religiose, gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici, i notai, i medici, i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche, ogni altro esercente professione sanitaria, gli esercenti di altri uffici o professioni per i quali la legge riconosce la possibilità di astenersi dal testimoniare a causa del segreto professionale. In ogni caso, se il giudice ha motivo di dubitare che la dichiarazione di non voler testimoniare di questi soggetti sia fondata, può ordinare che rendano testimonianza. Sono obbligati ad astenersi dalla testimonianza anche i pubblici ufficiali i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio su fatti ovviamente relativi all'ufficio che devono rimanere segreti o che sono coperti dal Segreto di Stato, fatti salvi i casi e i modi previsti dagli articoli 201 e 202 c.p.p e salvo il caso di esclusione del segreto di cui all’art. 204 c.p.p L'articolo 203 c.p.p prevede un ulteriore limite testimoniale per quanto riguarda gli ufficiali, gli agenti di polizia giudiziaria e il personale dipendente dei servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica. Costoro non non possono essere infatti obbligati a rivelare i nomi dei loro informatori, neppure su richiesta del giudice, e se questi non sono esaminati come testimoni le informazioni fornite non possono essere utilizzate nel procedimento. Testimonianza di soggetti particolari[Torna su]
Gli articoli 205, 206 e 206 bis c.p.p, si occupano di disciplinare in maniera del tutto peculiare la testimonianza resa dal presidente della Repubblica da ufficiali di Stato da agenti diplomatici e da cardinali. Valenza probatoria della testimonianza[Torna su]
L’apertura del dibattimento segna il momento iniziale del processo penale, ove tutto ciò che ne entra a far parte assume valenza probatoria (leggi: "La prova inutilizzabile nel processo penale"). In questo sede ci si vuole soffermare sull’importanza e la ritualità dell'esame testimoniale dal quale scaturiscono tutte quelle prove che determinano la rilevanza penale o meno del fatto contestato all'imputato. Citazione del testimone[Torna su] Affinché tuttavia il testimone possa deporre sui fatti di cui è a conoscenza in sede processuale prima di tutto deve essere citato. L’art. 468 c.p.p ("Citazione dei testimoni, periti e consulenti tecnici) fissa, al I comma, il termine perentorio entro il quale depositare la lista testi , ossia almeno sette giorni prima della data fissata per l'apertura del dibattimento, indicandovi anche le circostanze sulle quale verte l'esame. Nel II comma, è stabilito che l'autorità giudiziaria, se richiesto, autorizza, mediante decreto, la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché di imputati in procedimenti connessi e può stabilire che detta citazione sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze nelle quali ne sia previsto l'esame. Tale comma si chiude statuendo che il decreto non compromette la decisione sull'ammissibilità della prova ai sensi dell'articolo 495 del codice di rito. L'articolo segue disponendo che sia i testimoni che i consulenti tecnici indicati nella lista possono essere anche presentati direttamente al dibattimento. Il legislatore ha previsto poi nel IV comma che ciascuna parte può richiedere l'ammissione di prova contraria, relativamente alle circostanze indicate nelle liste di testimoni, periti e consulenti tecnici non indicati nelle liste stesse ovvero presentarli direttamente in sede dibattimentale. Il comma IV bis, introdotto con l'articolo 7 della legge 479/1999, prevede che, se una parte vuole chiedere l'acquisizione di verbali di prova di altro procedimento deve farlo contestualmente al deposito delle liste; nel caso in cui trattasi di verbali contenenti dichiarazioni di persone delle quali la stessa ovvero l'altra parte chiede la citazione, il presidente la autorizza solo dopo che il giudice in dibattimento ha ammesso l'esame ai sensi dell'articolo 495 del codice di rito. L'articolo in esame si chiude statuendo che è disposta d'ufficio la citazione del perito nominato in sede di incidente probatorio. Giuramento del teste[Torna su] Una volta ammessi i testimoni, essi sono esaminati a seconda dell'ordine prescelto dalle parti. Prima di procedere all'esame il teste deve formulare giuramento ai sensi dell'articolo 497, II comma e fornire le proprie generalità. La legge 136/2010 ed il Decreto Legge 7/2015, convertito in Legge 43/2015, modificando l'articolo 497 hanno statuito che nel caso in cui a deporre sia un ufficiale ovvero un agente di polizia che ha svolto le operazioni sotto copertura, quindi da infiltrato, ovvero a deporre siano dipendenti di servizi di informazione per la sicurezza, tali soggetti possono omettere le proprie reali generalità, indicando invece quelle di copertura utilizzate nel corso delle indagini. Queste cautele possono essere anche utilizzate nella redazione di annotazioni ed informative di P.G. Esame diretto e controesame[Torna su]
L'esame diretto e il controesame del testimone nel procedimento penale sono disciplinati dall'articolo 498 c.p.c. Il comma uno prevede infatti che le domande al teste siano rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l'esame dello stesso. In seguito, altre domande possono essere rivolte al testimone dalle parti che non hanno chiesto l'esame in base all'ordine indicato dall'articolo 496 C.p.p. Per esame diretto si intende quello che viene condotto dalla parte che ha chiesto l'esame del testimone, solo dopo le altre parti effettueranno il controesame, termine utilizzato quindi per indicare le domande che vengono rivolte al testimone dai soggetti che non ne hanno chiesto l’esame. Esame diretto e controesame sono le prime due fasi dell'esame incrociato del testimone, che si chiude con il riesame che consente a chi ha introdotto la prova di recuperare il contenuto atteso dalla stessa dopo che il controesame ne ha messo in dubbio la coerenza e la credibilità. Domande in sede di esame[Torna su] Le domande in sede di esame non possono prescindere da specifiche regole stabilite nell'articolo 499 del codice di rito, quindi: sono vietate domande atte a nuocere la sincerità delle risposte; è vietato alla parte che cita il teste ovvero che ha un interesse comune a formulare domande suggestive; sono invece ammesse domande suggestive nel corso del controesame al fine di provare l'attendibilità del teste. Sull’esame testimoniale e il divieto di porre domande suggestive, la Cassazione nella sentenza n. 25963/2022 ha ribadito che: “in tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive non comporta né l'inutilizzabilità né la nullità della deposizione, non essendo prevista una tale sanzione dall'art. 499, comma 3, cod. proc. pen., né potendo la stessa essere desunta dalle previsioni contenute nell'art. 178 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 49993 del 16/09/2019, che in motivazione, ha peraltro precisato che la domanda suggestiva può compromettere la genuinità della dichiarazione ove abbia inciso sul risultato della prova in maniera da rendere il materiale raccolto globalmente inidoneo ad essere valutato ; pure Sez. 3, n. 42568 del 25/06/2019: in tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive di cui all'art. 499 cod. proc. pen., in mancanza di una sanzione processuale, rileva soltanto sul piano della valutazione della genuinità della prova, che può risultare compromessa esclusivamente se inficia l'intera dichiarazione e non semplicemente la singola risposta fornita, ben potendo il giudizio di piena attendibilità del teste essere fondato sulle risposte alle altre domande.” È data comunque la facoltà alle parti di procedere alle contestazioni ai sensi dell'articolo 500 c.p.p. in quanto il giudice non può accorgersi delle difformità delle dichiarazioni. Nel fascicolo del dibattimento non sono inseriti infatti atti delle indagini, pertanto mediante le contestazioni è possibile dare lettura alle diverse dichiarazioni rese nelle indagini chiedendo al teste di dare le relative delucidazioni. Credibilità del teste[Torna su] Le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 500, II comma ("Contestazioni nell'esame testimoniale") hanno lo scopo di valutare la credibilità del teste; il citato comma è stato dichiarato legittimo dall'ordinanza 36/2002 pronunciata dalla Corte Costituzionale. Nonostante le dichiarazioni rese siano acquisite dal giudice per provarne la credibilità è lecito affermare che, ai sensi del IV comma dell'art. 500, codice di rito, le dichiarazioni rese in sede di indagini possono essere acquisite al fascicolo del dibattimento, quando alla luce di elementi oggettivi, il teste è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro, al fine di non deporre ovvero deporre il falso. Inoltre secondo quanto previsto dal VI comma del citato articolo, su istanza di parte le dichiarazioni rese in sede di udienza preliminare, sono valutate ai fini della prova nei confronti di imputati che hanno partecipato alla loro assunzione. L'articolo in esame si chiude con il VII comma ove si legge che le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari possono essere acquisite al fascicolo del dibattimento, acquisendo quindi validità probatoria, con il consenso delle parti. Per approfondimenti vai alle guide di diritto penale e di procedura penale |
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