Data: 20/11/2016 10:30:00 - Autore: Avv. Paolo Accoti

Avv. Paolo Accoti - Ai sensi dell'art. 1117 c.c., sono oggetto di proprietà comune, tra le altre, le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate.

Logica conseguenza di ciò è che, alle spese necessarie alla manutenzione e alla ristrutturazione dei beni comuni, devono contribuire tutti i singoli proprietari degli appartamenti in condominio.

Con particolare riferimento alle facciate, intese quali fisionomia, prospetto ed aspetto esterno dell'edificio, per esplicita previsione normativa, esse rientrano senza dubbio nel concetto di bene comune, al pari degli eventuali elementi ornamentali che sulla stessa possono insistere.

Pertanto, quando gli anzidetti elementi sono inseriti nel prospetto della facciata come elemento decorativo, s'intendono comuni e, alle spese per il loro eventuale ripristino, partecipano tutti i condòmini, in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà.

Tanto è stato di recente ribadito dalla Corte di Cassazione, II Sez. Civile, con la sentenza n. 23258, pubblicata in data 15.11.2016 (qui sotto allegata).

La vicenda giudiziaria di cui si è occupato il Supremo Collegio, vedeva protagonisti un gruppo di condòmini che si lagnavano della circostanza per la quale il condominio aveva ritenuto spettasse solo ad alcuni dei partecipanti, farsi carico della spesa per il restauro e la messa in sicurezza di alcuni "pannelli decorativi" posti sulla facciata dell'edificio condominiale, piuttosto che a tutti i singoli proprietari degli appartamenti in condominio, in virtù delle rispettive quote millesimali.

Deduceva il condominio convenuto come gli anzidetti pannelli non avessero alcuna funzione ornamentale ma che, piuttosto, fungevano da elemento strutturale del parapetto per la scala che, dai balconi degli attori, portava alla soprastante terrazza.

La domanda veniva accolta in primo grado con sentenza confermata nel successivo gravame dalla Corte d'Appello di Roma.

Propone ricorso per cassazione il condominio, il quale denuncia la violazione e falsa applicazione della norma in materia di beni comuni (art. 1117 Cc) e di quella relativa al riparto dell'onere probatorio (art. 2697 Cc).

La Corte di Cassazione, tuttavia, rigetta il ricorso e condanna il condominio a pagare le spese di giudizio.

La stessa premesso che, nel regolamento condominiale di cui è dotato il condominio tra i beni comuni, sono indicati anche le "murature perimetrali e le facciate con tutte le opere decorative esterne", evidenzia come il giudice di merito avrebbe accertato che "i pannelli in contestazione erano inseriti nel prospetto di facciata come elemento decorativo caratterizzante...".

Tale considerazione, già di per sé incensurabile in sede di legittimità, essendo priva di vizi logici, appare conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte in virtù della quale "la facciata di prospetto di un edificio rientra nella categoria dei muri maestri, ed, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, sicché, nell'ipotesi di condominialità del fabbricato, ai sensi dell'art. 1117, n. l, cod. civ., ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni dello stesso e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutte tali porzioni, con la conseguenza che le spese della sua manutenzione devono essere sostenute dai relativi titolari in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà (Sez. 2, Sentenza n. 945 del 30/01/1998 Rv. 512078; Sez. 2, Sentenza n. 298 del 20/01/1977 Rv. 383827)".

Fermo restando che, l'eventuale proprietà del bene ritenuto comune ovvero l'esclusiva utilità dello stesso in favore di un condomino, o un gruppo di condòmini, deve essere dimostrata, in virtù degli ordinari principi in materia di ripartizione dell'onere della prova, da chi la deduce ovvero la eccepisce in giudizio.

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