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Data: 26/11/2016 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il prelievo del DNA della persona indagata, attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili, non è qualificabile quale atto invasivo o costrittivo e, essendo prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici, non richiede l'osservanza delle garanzie difensive, che devono, invece, essere garantite nelle successive operazioni di comparazione del consulente tecnico Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 49610/2016 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso dell'imputato condannato per il reato di furto. Il difensore del ricorrente premette che l'accertamento della responsabilità era derivato dalla comparazione tra il profilo genotipico dell'imputato con quello estratto dalle tracce di DNA acquisite sui luoghi dei furti. Il prelievo era avvenuto negli uffici dei carabinieri, dove l'imputato era stato convocato, e le tracce di materiale biologico erano state lasciate su un bicchiere di plastica in cui, poco prima, i carabinieri avevano versato del liquore poi offerto all'imputato. La difesa evidenzia che, l'imputato non aveva prestato il consenso al prelievo di materiale biologico, nè questo gli era stato chiesto dagli agenti, così come mancava una richiesta del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari per farsi autorizzare al prelievo o un'ordinanza del giudice che avesse autorizzato alcunché. Da ciò, secondo il ricorrente, consegue che la relazione tecnica dei RIS sarebbe inutilizzabile poichè, le relative operazioni avrebbero dovuto essere svolte con l'osservanza delle disposizioni indicate dagli artt. 359 bis e 224 bis c.p.p. Nel dichiarare infondate le doglianze difensive, gli Ermellini precisano che il prelievo del DNA dell'indagato effettuato con sequestro di oggetti contenenti residui organici a lui attribuibili, non richiedono l'osservanza delle garanzie difensive posto che non rappresentano atti invasivi o costrittivi. Peraltro, aggiunge il collegio, il prelievo di tracce biologiche su un oggetto rinvenuto nel luogo del commesso reato e le successive analisi dei polimorfismi del DNA, per l'individuazione del profilo genetico al fine di eventuali confronti, sono certamente utilizzabili quando l'indagine preliminare si svolga contro ignoti e non sia stato possibile osservare le garanzie di partecipazione difensiva previste per gli accertamenti tecnici irripetibili compiuti dal P.M. Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha sostenuto che alcuna garanzia poteva essere assicurata all'imputato al momento del rinvenimento delle macchie emtiche sulle scena del crimine, essendo lui ignoto agli inquirenti e neppure all'atto dell'acquisizione dei reperto comparativo perché effettuata con modalità non invasive né costrittive. Solo per le successive operazioni di comparazione del consulente tecnico è necessaria l'osservanza delle garanzie difensive. Inoltre, alcuna concreta lesione delle garanzie difensive può essere ravvisata se anche l'effettuazione della comparazione sia avvenuta in assenza della parte privata, attesa la sua pacifica ripetibilità e atteso che l'imputato "si è ben guardato dall'invocare la ripetizione della comparazione".
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