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Data: 27/11/2016 10:30:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Controlli medici continui e un'ossessione maniacale sullo stato di salute della propria figlia: sono questi i presupposti da cui nascono i comportamenti dell'uomo idonei a provocare nella ex compagna e nella loro figlia un perdurante e grave stato d'ansia, nonchè vere e proprie patologie. Per i giudici della Cassazione, sentenza n. 50057/2016 (qui sotto allegata) non vi è dubbio: i pedinamenti, appostamenti, telefonate, telegrammi e denunce con cui l'imputato contestava in maniera a dir poco eccessiva il ruolo genitoriale della donna circa le decisioni riguardanti la bambina sono idonei a integrare il reato di stalking ex art. 612-bis c.p. (per approfondimenti: Stalking per il padre che mette in discussione la capacità dell'ex di fare la madre). Ma non è solo la donna è essere "vittima" dell'ossessione dell'imputato, anche la bambina, il cui sviluppo psico-fisico viene compromesso dalle condotte persecutorie poste in essere dall'uomo, idonee a cagionare turbe della sfera emotiva secondaria e grave patologia dell'accudimento come risulta dalle consulenze n atti. L'uomo, malgrado le rimostranze della piccola, la costringeva a continue visite mediche ossessionato dal suo stato di salute. Un atteggiamento dal risvolto maniacale come dimostrato dalle affermazioni dei medici che si erano occupati della vicenda, sia su incarico del Tribunale dei Minori sia privatamente su richiesta dello stesso ricorrente: da questi l'uomo era stato avvisato anche della necessità di esercitare un controllo razionale sul suo istinto alla cura, tale da aver indotto ben due pediatri di base, da lui investiti della questione, a dimettersi. Si è sottolineato, ad esempio, come la bambina si opponesse con pianti alle visite e ispezioni anali cui il padre la sottoponeva direttamente o attraverso visite mediche, il che era addirittura sfociato in una crisi della minore con ricovero della stessa. L'elemento soggettivo del reato contestato è sicuramente presente, in quanto l'uomo non poteva essere inconsapevole dell'idoneità dei propri atti a scatenare ansia e timore per la propria incolumità sulle vittime, poste le reazioni immediatamente percepibili delle stesse. Anzi, la stessa reiterazione delle condotte appare, secondo i giudici, indice ulteriore della consapevolezza, da parte dell'imputato, dell'idoneità dei propri comportamenti a determinare tali gravi ripercussioni negative sulla bambina. La minore età della piccola, secondo il P.M., costituisce addirittura un'aggravante. Alla base delle condotte incriminate non pare esserci alcuna patologia, mai prospettata neppure dalla difesa, tale da far venir meno l'elemento soggettivo del reato e neppure può trovare applicazione l'esimente ex art. 51 c.p., neppure sotto il profilo putativo o dell'eccesso colposo. Nonostante la composizione bonaria a cui i due coniugi sono addivenuti, infatti, la Corte d'Appello ha ribadito la necessità che la piccola continuasse a restare affidata agli operatori dell'Unità di Neuropsichiatria Infantile dell'ASP, dovendo esserle assicurato il necessario sostegno psicologico anche nell'auspicato sviluppo degli spazi di interazione, dialogo e compartecipazione con il padre.
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