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Data: 06/12/2016 14:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – La mancanza di provvista necessaria per il pagamento di un assegno non è di per sé un motivo sufficiente a legittimare la risoluzione di un preliminare di compravendita per inadempimento del promissario acquirente. A detta della Cassazione, infatti, la caparra è di per sé valida e il debitore risulta adempiente se riesce a dimostrare la data di emissione dell'assegno e la sua consegna. Provato ciò, sarà il creditore che dovrà dare prova del mancato incasso. Così, con la sentenza numero 24747/2016 del 5 dicembre (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha accolto il ricorso presentato dal promissario acquirente avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello lo aveva condannato a versare il doppio della caparra pattuita in sede di stipula del preliminare. Con la precisazione che la prova che il promissario venditore non aveva fornito, ovverosia quella relativa al difetto di provvista e al conseguente mancato incasso della caparra, non può essere reputata una probatio diabolica, per quanto negativa. Del resto l'assegno è un titolo pagabile a vista e la sua funzione di mezzo di pagamento può dirsi perfezionata nel momento in cui esso passa nella disponibilità del prenditore, lasciando le mani del traente. Così, nel caso di specie, il contratto reale di caparra doveva intendersi perfezionato dal momento che l'assegno era stato consegnato al mediatore, come concordato tra le parti del preliminare. La questione, insomma, non si chiude qui e il giudice del merito sarà costretto ad affrontarla di nuovo tenendo conto di quanto chiarito dalla Cassazione. |
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