Data: 08/12/2016 17:20:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Le moderne tecnologie hanno reso alla portata di molti la possibilità di diventare dei provetti "detective" o semplicemente degli incontrollabili spioni. Se i social, ad esempio, hanno aumentato le possibilità di tradire il partner, facilitando gli incontri con altre persone, anche i metodi per scoprire il tradimento si sono moltiplicati, spingendosi, tuttavia, fino al punto di ledere il diritto alla riservatezza altrui
Ha fatto molto discutere la recente vicenda di John G, cittadino statunitense, residente in Pennsylvania, che per fugare i propri dubbi sul presunto tradimento della moglie, ha scelto di affidarsi non a un investigatore privato, bensì a un drone. Con l'apparecchio, l'uomo ha pedinato la partner sulla strada da casa a lavoro, scoprendo che invece di seguire il normale tragitto, questa raggiungeva l'auto del presumibile amante e andava via con lui. 
Il video è stato registrato dal drone provocando l'incontenibile ira dell'uomo, che ha sottolineato come 18 anni di matrimonio fossero andati in fumo. Rinunciando a compiere atti estremi nei confronti della moglie e dell'amante, l'uomo ha quindi escogitato una vendetta "social". Il filmato, pubblicato su internet, ha infatti raccolto numerose visualizzazioni, tanto da aver fatto guadagnare migliaia di dollari in sola pubblicità. 
Il dibattito, tuttavia, si è soffermato non solo sulla genuinità delle immagini ma anche sulla legalità del comportamento perpetrato dal marito tradito. 
In Italia, il presunto tradimento non giustifica l'incontrollata ingerenza nella privacy altrui. Anzi, i doveri di solidarietà nascenti dal matrimonio presuppongono che nella coppia si riconosca piena e pari dignità e ciò anche in caso dell'infedeltà coniugale, comportamento non sanzionato a differenza della perdita del diritto alla riservatezza. 
Le riprese video e, soprattutto, la pubblicazione delle immagini senza consenso non sono consentite, precisa la Legge sul diritto d'autore (L. 633/1941), salvo quando la riproduzione dell'immagine sia giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. 
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dal "Codice in materia di protezione dei dati personali" (Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196) è punito, se dal fatto deriva nocumento. 
Il rischio, ad esempio, può essere quello di integrare il reato di diffamazione se la pubblicazione illecita dell'immagine o del video offende la reputazione di chi è ritratto. Ma non è tutto: in particolare sull'attività di spionaggio in sè considerata, la giurisprudenza si è più volte pronunciata, condannando per illecita interferenza nella vita altrui ai sensi dell'articolo 615-bis c.p. chi ha introdotto delle telecamere in un'abitazione per riprendere i supposti (e poi effettivi) incontri del partner con l'amante (per approfondimenti: Spiare il coniuge anche se ti tradisce è reato). Va aggiunto che le risultanze dello "spionaggio", poichè illecitamente acquisite in violazione della riservatezza del partner, non potrebbero neppure essere utilizzate come prove nell'eventuale giudizio di separazione per richiederne l'addebito, nonostante si registrino anche opinioni contrarie in tal senso. In ambito penale, invece, l'art. 191 del codice di procedura è chiaro nell'affermare che, salvo poche eccezioni, le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. 

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