Data: 04/01/2017 15:00:00 - Autore: Avv. Alessio Orsini

Avv. Alessio Orsini - Il tribunale di Padova, con decreto del 02.12.2016, ha disposto il rinvio a giudizio di un direttore generale di una banca avendo rilevato sia il superamento dei c.d. tassi soglia con riferimento ai tassi d'interesse moratori dei mutui ipotecari sia la sproporzione dei tassi applicati rispetto ai tassi medi nei confronti di chi versava in stato di bisogno.

Su tale ultimo aspetto, sono stati considerati anche i "vantaggi" pretesi dai rappresentanti della Banca e che mai gli interessati avrebbero rilasciato se avessero potuto operare in normali condizioni di mercato.  

In particolare i rappresentati della banca, al fine di ristrutturare il complesso aziendale di un noto imprenditore pretese di riunire a gruppo anche le autonome attività del figlio, facendosi rilasciare ulteriori garanzie personali di soggetti del tutto estranei all'attività imprenditoriale.

Oltre a ciò pretese la sottoscrizione di mandati a vendere di tutti gli immobili nonché dei brevetti della società.

L'idea di fondo sarebbe dovuta essere quella del rilancio dell'attività imprenditoriale a mezzo del finanziamento della banca.

Sennonché, dopo che l'istituto di credito erogò diversi milioni di euro per saldare i pregressi debiti, anche quelli di due società fallite, rifiutò la concessione di un ulteriore e modesto prestito necessario per l'inizio dell'attività imprenditoriale vera e propria, determinando così il default del gruppo prima ancora che potesse dare avvio alla produzione.

In tale scenario, la pubblica accusa, valutando le concrete modalità del fatto, rilevò, per ciò che era il mutuo ipotecario di € 3.000.000,00 come la Banca si faceva promettere "tassi di interesse superiori a quelli previsti dall'art. 2, comma IV, della l. 108/1996, essendo previsti nel contratto di mutuo un tasso di mora nominale ed effettivo di rispettivi 9,5% e 9,75%, che superano la «soglia di usura» pari a 7,65% di circa 2 punti".

Veniva altresì rilevato come il "tasso corrispettivo nominale ed effettivo di rispettivi 6,5% e 6,75% superiore al tasso medio di mercato di operazioni similari (5,1%) di circa 1,5 punti: tassi che comportavano…un maggior onere di circa 90.000,00 euro".

Rispetto poi al conto corrente ipotecario di € 2.500.000,00 venne valutato l'evidente stato di bisogno, nonché la destinazione pressoché totale al soddisfacimento dei pregressi debiti ed anche in tal caso venne data rilevanza all'applicazione di tassi del 7 ed 8 per cento che erano superiori ai tassi medi di mercato di circa 1,5 punti e che comportavano un maggior onere di circa € 148.000,00.

Anche per gli altri finanziamenti venne effettuata una minuziosa consulenza tecnica e nel decreto di rinvio a giudizio vennero addebitate le aggravanti di cui ai numeri 1 e 4 del comma V dell'art. 644 c.p., ovvero "se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria…" ed "in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale".

Il caso in esame risulta essere di particolare interesse poiché la pubblica accusa, avvalendosi di un valido consulente tecnico, ricostruì compiutamente il fatto non limitandosi ad una mera verifica del rispetto o meno delle c.d. soglie di usura.

Difatti, anche se è vero che con l'introduzione dei c.d. tassi soglia, inaugurati con la l. 108/96, il legislatore intese fornire dei "limiti" oltre i quali l'elemento oggettivo della condotta usuraria potesse ritenersi materializzato, è pur vero che tali "asticelle" vennero poste davvero in alto tanto che in taluni casi alle banche è consentito applicare tassi che superano abbondantemente il 20%.

A titolo dimostrativo il decreto ministeriale che regola i tassi soglia nel periodo gennaio – marzo 2017 prevede la possibilità di praticare tassi al 23,7125% per gli "scoperti senza affidamento" fino ad € 1.500,00, tassi al 18,2375% per i "prestiti contro cessione del quinto dello stipendio e della pensione" fino ad € 5.000,00 e addirittura si raggiunge il 24,3500% per il "credito revolving" fino a € 5.000,00.

Pertanto, attesi gli ampi margini entro cui le banche possono operare, il reato di usura potrebbe di fatto risultare di facile elusione se non si considerasse anche la parte del comma 3 dell'art. 644 c.p. ove appunto si prevede che "Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria".

Non si dimentichi poi che generalmente le banche nei propri contratti prevedono il c.d. ius variandi, ovvero, la facoltà di modificare i tassi e condizioni economiche in senso peggiorativo per il cliente che a sua volta ha il diritto di recedere dal contratto se non si trova d'accordo con le modifiche, salvo però rientrare dell'esposizione.

E' evidente, però, lo squilibrio tra la banca e ad esempio il correntista che potrebbe non avere l'immediata provvista per far fronte ad un repentino rientro, con la conseguenza di un'accettazione tacita, più "estorta" che voluta.

Ed allora, nella valutazione delle condotte usurarie, è auspicabile un approfondimento delle condotte teso a valutare il comportamento complessivo dei rappresentanti degli istituti che, pur avendo un obbligo c.d. di protezione nei confronti dei propri utenti (Cass. Penale 46669/2011) spesso abusano della propria posizione dominante per ottenere interessi e/o vantaggi sproporzionati, approfittando dello stato di necessità o bisogno, od anche solo di temporanea carenza di liquidità.


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