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Data: 13/01/2017 17:00:00 - Autore: Dott.ssa Floriana Baldino Dott.ssa Floriana Baldino - Arrivano importanti novità in merito alla falcidia dell'Iva nei concordati. La legge sul sovraindebitamento non ha previsto alcun taglio del debito dell'imposta, ma fortunatamente molti tribunali sembrano essere di parere contrario. La sentenza del 7 aprile 2016 causa C - 546/2014 Della Corte di Giustizia Europea, di cui già ampiamente abbiamo trattato (leggi: Il taglio dell'Iva nei concordati), aveva ritenuto compatibile, con la normativa comunitaria in materia di IVA, una proposta di concordato preventivo che prevedesse il pagamento parziale dell'imposta, a condizione che un esperto indipendente, attestasse il trattamento deteriore di tale credito nell'alternativa fallimentare. In materia, ora, si sono espresse anche le Sezioni Unite, con la sentenza numero 26988 del 27 dicembre scorso (qui sotto allegata). La Cassazione è stata chiamata ad esprimersi sui principi e sulla interpretazione data alla legge fallimentare dai Giudici della Corte d'Appello che avevano rigettato la domanda di omologazione del concordato preventivo in quanto nella domanda di omologazione era stata falcidiata anche l'IVA, in violazione all'art. 182 ter. I Giudici della Corte d' Appello avevano ritenuto che, anche quando non connessa ad una transazione fiscale, la proposta di concordato preventivo è inammissibile quando formulata in violazione del divieto di falcidia del credito Iva, imposto dall'articolo 182 ter legge fallimentare. Secondo i giudici del merito, la infalcidiabilità del credito IVA, ha natura sostanziale e carattere eccezionale applicabile in qualsiasi contesto procedimentale, ed attribuisce al credito IVA un trattamento peculiare ed inderogabile. La questione è stata trasmessa poi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale è stata chiamata a pronunciarsi su questo delicato argomento, per stabilire se la previsione della infalcidiabilità del credito Iva, di cui all'articolo 182 ter legge fallimentare, trova applicazione solo nelle ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale o invece, come ritenevano i giudici di appello, è un principio inderogabile e da applicare in qualunque situazione. Le Sezioni Unite, diversamente dalla interpretazione data dai giudici di merito, hanno ritenuto che la legge fallimentare, innovando rispetto al sistema previgente, ha riconosciuto l'ammissibilità di un concordato preventivo che prevede il pagamento non integrale dei crediti privilegiati. "L'articolo 160 comma 2 della legge fallimentare è da interpretare nel senso che la proposta di concordato preventivo può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista". Giustamente si osserva che, se il legislatore avesse inteso prevedere l'infalcidiabilità del credito IVA, avrebbe inserito tale deroga nell'art. 160 della legge fallimentare e non invece nell'art. 182 ter, destinato solo alla disciplina della transazione fiscale. Quindi, secondo l'interpretazione data dalle Sezioni Unite, il principio generale da applicare è che il taglio del credito IVA è possibile in tutti i concordati preventivi ex art. 106 l.f. che non siano legati ad alcuna transazione fiscale. |
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