Data: 14/01/2017 15:30:00 - Autore: Avv. Francesco Pandolfi

Avv. Francesco Pandolfi – Parliamo di un divieto di detenere armi e munizioni emesso dalla Prefettura di Palermo, avverso il quale l'interessato propone ricorso al Tar.

Un divieto all'origine basato su alcune denunce penali, poi sfociate in tre sentenze di assoluzione con formula piena.

Provvedimento essenzialmente fondato su rapporti parentali dubbi e, quindi, sul potenziale abuso che terzi potrebbero fare di un'arma.

L'utilità della sentenza

La pronuncia del Tar Sicilia del 2015 valorizza uno dei due motivi di impugnazione proposti dalla persona interessata, ossia quello relativo al difetto di adeguata istruttoria sul punto del rapporto pregiudizievole con parenti "particolari".

Nello specifico, il tribunale ritiene di accogliere il ricorso sulla questione del difetto di istruttoria e di motivazione.

La premessa del ragionamento è analoga a molti altri casi simili: vasta è la discrezionalità dell'amministrazione, in quanto la detenzione di armi costituisce un fatto non ordinario, ma eccezionale, in deroga al divieto generale di portare armi sancito dal nostro Ordinamento giuridico.

Tuttavia, dice il Tar (sentenza n. 2643 del 23.10.2015), bisogna vedere se l'Autorità di P.S. ha svolto un'istruttoria completa, che presenti segni di logicità e congruenza nelle determinazioni assunte.

Il caso

La persona interessata, come già anticipato, si trova a fronteggiare alcune denunce penali: queste, in un secondo momento, sfociano in sentenze di assoluzione con formula piena. Sul fronte penale il verdetto è quindi positivo.

Egli subisce, al contempo, un provvedimento dell'Autorità di P.S. fondato su rapporti parentali dubbi e, quindi, sul potenziale abuso che terzi potrebbero fare dell'arma.

Cosa fare in casi simili

Seguire la giurisprudenza favorevole in materia di divieto di detenzione armi.

In altri termini: partendo dal presupposto che la valutazione della possibilità di abuso dell'arma poggia su basi probabilistiche, controllare che tale giudizio sia correttamente fondato su una congrua ed adeguata istruttoria (che si rispecchi a sua volta nella motivazione del provvedimento di divieto).

L'elemento chiave da tenere a mente è questo: in un caso dove ci sia la presenza del congiunto (già condannato per minacce) nella stessa palazzina e sussista un rapporto parentale con persona gravata da pregiudizi penali, l'Autorità dovrà verificare l'esistenza di un pericolo attuale e un'incidenza di questo vincolo parentale "dubbio" sul giudizio di affidabilità del richiedente.

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