Data: 15/01/2017 19:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Domiciliari revocati al detenuto che pubblica messaggi su Facebook, ancor più se questo è ritenuto intimidatorio nei confronti della vittima dell'illecito

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 46874/2016 (qui sotto allegata) ha così rigettato l'impugnazione del detenuto contro l'ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato l'aggravamento della misura custodiale, da domiciliare a inframuraria, in seguito a violazioni delle misura domiciliare ritenute gravi.

Nonostante le rimostranze dell'uomo, che propone una diversa lettura del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito (non ammissibile in Cassazione), per gli Ermellini la motivazione del Tribunale è assolutamente logica e condivisibile: i giudici di merito hanno valutato, infatti, un messaggio inviato su Facebook dall'uomo alla vittima della condotta illecita, dai connotati intimidatori.

Infatti, la prescrizione di non comunicare con persone estranee deve essere inteso nel senso di un divieto non solo di parlare con persone non conviventi, ma anche di stabilire contatti con altri soggetti, sia vocali che a mezzo congegni elettronici. 

Nel caso di specie, peraltro, il messaggio diffuso sul social network è oggettivamente criptico per i più e indirizzato a chi può comprendere perché sottintende qualcosa di riservato e conosciuto da una ristretta cerchia di persone ed è chiaramente intimidatorio a dispetto del tono volutamente suggestivo, rafforzato dalle coloratissime emoticon, ancora più esplicitamente intimidatorie.

Riguardo poi alla lamentata sproporzione tra la condotta contestata e la misura del carcere, i giudici precisano che "I limiti di applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere previsti dall'art. 275, comma secondo bis, secondo periodo, cod. proc. pen. (testo introdotto dal D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117) possono essere superati dal giudice qualora ritenga, secondo quanto previsto dal successivo comma terzo, prima parte, della norma citata, comunque inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari ogni altra misura meno afflittiva".

Nel caso di specie, applicando questa interpretazione della correlazione tra i due commi dell'articolo in questione il Tribunale del riesame ha ritenuto necessario applicare la detenzione intramuraria, poichè la violazione delle prescrizioni commessa dal ricorrente ha rivelato, incisivamente, l'inadeguatezza della detenzione domiciliare in ragione della inaffidabilità dell'indagato.

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