|
Data: 25/01/2017 19:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Condannata d'urgenza la ASL per la morte del paziente provocata dalla mancata operazione immediata al pronto soccorso. Lo ha stabilito il Tribunale di Ragusa (giudice Laura Pastacaldi) nell'ordinanza ex art. 702-bis c.p. che ha condannato l'Azienda sanitaria a risarcire il danno parentale. Una decisione fondata sulla consulenza tecnica d'ufficio espletata nell'ambito del procedimento per accertamento preventivo, senza che fossero necessari ulteriori accertamenti istruttori. Anzi, è sufficiente il rito sommario ex art. 702-bis c.p.c. per pervenire a una decisione, in quanto il perito ha già accertato che, secondo il criterio del "più probabile che non", il giovane sarebbe sopravvissuto con un intervento chirurgico tempestivo. La decisione del giudice siciliano sembra anticipare il ricorso all'art. 696-bis c.p.c. e al'art. 702-bis c.p.c. secondo lo schema previsto dal ddl Gelli riguardante la responsabilità professionale del personale sanitario, all'esame della Camera dopo il sì del Senato (per approfondimenti: Responsabilità medica: il Senato approva la riforma). Il Tribunale ha infatti accolto la domanda risarcitoria proposta dai congiunti del giovane deceduto a seguito di un incidente stradale, stabilendo (in base alle Tabelle del Tribunale di Roma) che alla madre e al padre spettino 244mila euro, mentre ai fratelli una somma tra i 141 e i 150mila euro. La decisione si fonda sulle risultanze della CTU che affermano in maniera indubbia la responsabilità a carico dei medici che non sono intervenuti prontamente sulla vittima, portata in sala operatoria solo dopo 16 ore dal'arrivo al nosocomio. Nonostante le linee guida europee affermino che "il sanguinamento non controllato" sia la principale causa di morte prevenibile nel paziente traumatizzato, i sanitari hanno tamponato l'emorragia con trasfusioni di sacche di sangue, invece che con l'opportuno intervento chirurgico tempestivo che, secondo il Consulente, avrebbe avuto il 65% di probabilità di salvargli la vita. Il nesso causale tra evento lesivo e decesso deve ritenersi provato, posto che i congiunti hanno chiesto il danno iure proprio e non iure hereditatis, non dovendo dunque dimostrare che il ragazzo sia rimasto lucido fino alla morte. L'azienda sanitaria è condannata anche alla rifusione delle spese di lite. Per approfondimenti:
|
|