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Data: 26/01/2017 15:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – La concreta applicazione del processo civile telematico continua a ricevere contributi fondamentali dalle aule di giustizia, che stanno intervenendo in diverse occasioni a chiarire alcuni punti controversi della disciplina che lo regola. Recentemente, ad esempio, con la sentenza numero 1907/2017 del 25 gennaio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha precisato che mediante l'attestazione telematica di cancelleria, basata su dati desunti dai registri di cancelleria, è possibile provare sia la ricezione di una comunicazione telematica che il suo contenuto. Peraltro, anche se non è dotata della certezza pubblica che caratterizza gli atti che fanno fede sino a querela di falso, per i giudici la ricevuta di avvenuta consegna (Rac) che il gestore di posta elettronica certificata del destinatario rilascia è comunque idonea a dimostrare, nell'ambito delle notifiche e delle comunicazioni telematiche nei procedimenti civili, la consegna del messaggio nella casella sino a prova contraria. Nel caso di specie, ad essere contestata era la tempestività dell'impugnazione proposta avverso una sentenza con la quale il giudice di primo grado aveva rigettato l'impugnazione di un licenziamento disciplinare proposta da un lavoratore. Per la Corte, considerata la predetta rilevanza della Rac e dell'attestazione telematica di cancelleria prodotta in giudizio, il computo dei giorni non lasciava scampo: il termine di 30 giorni previsto per l'impugnazione non era stato rispettato e correttamente il giudice del merito ha dichiarato l'appello inammissibile. Il licenziamento, quindi, resta confermato. |
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