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Data: 26/01/2017 14:10:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Da ora in poi conoscere le proprie origini, se si è nati da parto anonimo, dovrebbe divenire più semplice. Con la lunga sentenza numero 1946/2017, depositata dalla prima sezione civile il 25 gennaio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione è infatti intervenuta a colmare il vuoto normativo esistente in materia nel nostro ordinamento e ha sancito la possibilità per il giudice, su istanza del figlio, di interpellare la madre rimasta sconosciuta per domandarle se ha intenzione o meno di "dichiararsi". I giudici, più in particolare, hanno precisato che anche se con la sentenza numero 278/2013 la Corte costituzionale, nel sancire il diritto dell'adottato a ricevere informazioni sulla madre biologica, non ha introdotto una disciplina procedimentale attuativa, il giudice, se il figlio ha il desiderio di conoscere le proprie origini e scoprire quale è la sua storia parentale, può rivolgersi alla donna che, alla nascita, ha dichiarato di non voler essere nominata e chiederle se ha intenzione di revocare tale sua dichiarazione. Le modalità procedimentali con le quali provvedervi vanno desunte dal quadro complessivo normativo e dal principio sancito dalla Consulta nel 2013 e devono essere comunque idonee a garantire che la donna preservi la sua riservatezza e la sua dignità. La Cassazione ha quindi precisato che, in ogni caso, se la dichiarazione iniziale di anonimato fatta dalla madre non è revocata e questa resta ferma nella sua scelta di restare sconosciuta, dinanzi a tale circostanza il diritto del figlio di indagare sulle sue origini trova uno scoglio insuperabile. È, insomma, questo il perfetto contemperamento tra il diritto all'anonimato della madre e il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, entrambi riconosciuti dalla Consulta nel 2013 ma che, sino ad oggi, non erano riusciti a trovare un effettivo punto di equilibrio. |
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