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Data: 02/02/2017 16:00:00 - Autore: Floriana Baldino Dott.ssa Floriana Baldino - L'istituzione della Centrale Rischi ha un interesse pubblicistico ovvero è stata istituita per consentire agli istituti bancari di valutare la solvibilità dei clienti sia in funzione della richiesta di accesso al credito sia in funzione del mantenimento dello stesso. Ovviamente questo interesse di natura pubblica deve trovare un equo contemperamento con il diritto soggettivo e l'interesse privatistico del cliente correntista alla tutela sia della propria reputazione, commerciale e non, sia delle opportunità di accesso al credito.
Centrale Rischi: cos'è e come funziona[Torna su]
Secondo le istruzioni della Banca d'Italia, Circolare n. 139.91 capitolo 2.1.5: "L'appostazione a sofferenza di un credito e la conseguente segnalazione presso la Centrale Rischi può avvenire soltanto in caso di insolvenza, anche se non accertata giudizialmente, ovvero in situazioni equiparabili, le quali non possono che essere individuate in situazione di obiettiva difficoltà economica finanziaria del correntista". Sempre la stessa circolare prevede che:" l'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sè condizione sufficiente per l'appostazione a sofferenza". Se ne deduce dunque che la segnalazione non ha natura automatica e ad ogni modo, la Banca deve provare l'obiettiva difficoltà economica finanziaria del proprio cliente. Invero però, nella realtà, la Banca fa abuso di tale strumento mettendo in seria difficoltà il cliente/correntista, nella richiesta di accesso al credito presso altri istituti, e tale abuso dà poi il diritto, al "segnalato", di chiedere il risarcimento del danno cagionato dall'Istituto Bancario. La giurisprudenza sulla Crif[Torna su]
È importante sottolineare che, a proposito della disciplina che regola la centrale rischi, la suprema Corte di Cassazione nella sent. N. 3165/2014, ha avuto modo di chiarire i principi che la Banca deve seguire per poter legittimamente segnalare il cliente nella centrale rischi. Si legge nella sentenza: "La segnalazione di una posizione in sofferenza presso la centrale rischi della Banca d'Italia, secondo le istruzioni del predetto Istituto e le direttive del CRIC, richiede una valutazione, da parte dell'intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dall'esistenza di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza" (sez I, sent. N.7958 del 01/04/2009)". Principio questo che si ritrova in numerose sentenze di legittimità (Cass., 10 ottobre 2013, n. 23093 e 12 ottobre 2007, n. 21428, n. 15609/2014). Segnalazione Crif: il danno risarcibile[Torna su]
Per quanto riguarda il danno risarcibile a chi illegittimamente viene segnalato in CRIF, recentemente gli Ermellini sono tornati sul punto ribadendo dei principi importanti. Innanzitutto è doveroso precisare che, per ottenere il risarcimento del danno economico e/o di immagine (danni legati alla mancata concessione del credito a seguito di segnalazione nella Centrale rischi), il pregiudizio subìto va dimostrato con le opportune prove e non è riconosciuto automaticamente al cliente correntista segnalato, seppur illegittimamente, in CRIF (Cassazione n. 1931/2017). Per la giurisprudenza della S.C., "la liquidazione equitativa può aver luogo soltanto se il danno è provato nell'an, e ad ogni modo la liquidazione equitativa non esime il danneggiato dall'offrire al giudice gli elementi di fatto necessari alla liquidazione, nell'ipotesi in cui il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare ai sensi dell'articolo 1226 c.c. (cfr. Cass. 8 gennaio 2016, n. 127)". Quindi il risarcimento del danno di immagine e patrimoniale va sì riconosciuto a chi illegittimamente viene segnalato in CRIF, ma sul presupposto che il danneggiato provi il pregiudizio sofferto e non si limiti invece a denunciare confusamente di aver subìto un danno patrimoniale e di immagine senza alcun chiarimento. Vale la pena ricordare, a proposito della risarcibilità del danno, anche la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civile, sent. n. 15609/2014, la quale così testualmente recita: "Anche nei confronti dell'ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale, intesa come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione: allorquando, cioè, il fatto lesivo incida su di una situazione giuridica dell'ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione (Cass. 1° ottobre 2013, n. 22396; 12 dicembre 2008, n. 29185; 4 giugno 2007, n. 12929). Entrambi tali danni, inoltre, possono essere liquidati in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c. (cfr. Cass. 2 settembre 2008, n. 22061)". Dunque, risarcimento del danno sì, ma l'onere di provarlo è comunque sempre a carico di chi lo ha sofferto quanto meno nell'anno. Leggi anche: "Segnalazione alla centrale rischi: il risarcimento non è automatico" |
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