Data: 10/02/2017 19:20:00 - Autore: Floriana Baldino

Dott.ssa Floriana Baldino - Dal tribunale di Tempio, con la firma del giudice Alessandro Di Giacomo, arriva un'importante decisione. Il giudice, a seguito del deposito di un ricorso urgente, ha revocato l'aggiudicazione dell'immobile all'asta, considerando la circostanza che l'immobile era stato venduto ad un prezzo troppo basso rispetto al valore che lo stesso aveva sul mercato.

Il giudice, infatti, deve sempre valutare l'adeguatezza del prezzo di vendita rispetto a quello di mercato onde evitare "l'eccesso di ribasso", che sicuramente non va a vantaggio né del creditore né del debitore. L'unico a trarne vantaggio sarebbe soltanto colui che all'asta acquista l'immobile ad un prezzo irrisorio.

Il giudice Di Giacomo, accogliendo dunque la tesi dell'avvocato difensore, ha revocato l'aggiudicazione dell'asta in base ai principi stabiliti dalla legge n. 203 del 1991.

Tale legge parla impropriamente di "sospensione" ma, in verità, attribuisce al G.E. – fino all'emissione del decreto di trasferimento – un vero e proprio potere di revocare l'aggiudicazione dell'immobile a prezzo iniquo.

Il potere di revocare l'aggiudicazione, prima spettava solo al giudice delegato ex art. 108 della legge fallimentare, ma la riforma ha attribuito questo potere al giudice dell'esecuzione, allo scopo di "restituire il processo esecutivo alla fase dell'incanto che andrà rifissato con diverse modalità, affinchè la gara tra gli offerenti si svolga per l'aggiudicazione del bene al prezzo giusto".

La sospensione della vendita

Già prima dell'approvazione del decreto del 2016, molti giudici, di diversi tribunali, avvalendosi della possibilità riconosciuta loro ex art. 586 c.p.c., in seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 203/91 di conversione del D.lg. n. 152/91, sospendevano la vendita quando il prezzo era notevolmente inferiore a quello "giusto".

Quel decreto, urgente, era stato pensato per la lotta alla criminalità organizzata delle vendite pilotate, ovvero negli anni in cui si assisteva ad una serie di incanti deserti al fine di conseguire, attraverso successivi ribassi, un prezzo di aggiudicazione irrisorio.

Questa legge, pensata e studiata per la lotta alla criminalità organizzata, è stata poi applicata in diversi tribunali e per tutte le procedure che non avevano più alcuna utilità.

Ogniqualvolta i giudici ritenevano che gli interessi economici del debitore e del creditore venissero frustrati dal prezzo troppo basso di aggiudicazione dell'immobile, potevano, a discrezione, "sospendere la vendita".

Così, ad es., il tribunale di Roma, sez. distaccata di Ostia, con ordinanza del 9 Maggio 2013 che ha sospeso per un anno l'esecuzione immobiliare dopo cinque tentativi di asta. Nella fattispecie, il prezzo del bene si era talmente ridotto rispetto alla stima del perito che il giudice ha ritenuto che la sospensione di un anno della procedura, potesse essere un congruo termine per tentare la vendita dell'immobile ad un prezzo diverso, e magari più adeguato.

Al Tribunale di Napoli invece un giudice è andato oltre restituendo il bene al debitore (ord. del 23.01.2014.), facendo riferimento a due principi importanti. Il primo, della ragionevole durata del processo, ed il secondo, principio cardine a cui il giudice napoletano ha fatto riferimento, quello secondo cui, procedere con l'esecuzione, non era più fruttuoso né per il debitore né per il creditore, sempre per il c.d. "giusto prezzo".

Successivamente anche il Tribunale di Belluno si è espresso in tal senso con ordinanza del 3.06.2013.

La necessaria utilità del processo esecutivo

Il processo esecutivo deve avere una sua utilità. Soddisfare il creditore e liberare il debitore dai suoi debiti.

Il periodo storico in cui ci troviamo non è sicuramente dei migliori ed il mercato immobiliare è sicuramente molto penalizzato.

Si assiste sempre a situazioni in cui alle aste non vi è alcuna proposta di acquisto, almeno fino a quando il prezzo dell'immobile rimane alto.

Poi il bene viene venduto ad un prezzo veramente irrisorio ed il creditore non viene soddisfatto dal prezzo ricavato dalla vendita, mentre il debitore si ritrova senza immobile (in molti casi proprio la prima abitazione) e con ancora i debiti da saldare.

Molte norme sono intervenute in aiuto degli imprenditori in crisi ed ora tutto sta nelle mani dei giudici dei tribunali, che possono applicare le norme in una maniera più elastica e meno rigida.

La giurisprudenza

Importante, in materia di esecuzione, è la sentenza n. 692/2012 della Cassazione.

Occupandosi di esecuzione in materia fiscale, la S.C. ha ribadito che: "Nell'esecuzione esattoriale il potere del giudice di valutare l'adeguatezza del prezzo di trasferimento non solo non subisce alcuna eccezione rispetto l'esecuzione ordinaria ma deve essere esercitato con particolare oculatezza, sì da valutare se, nel singolo caso, sia più dannoso per lo Stato creditore il protrarsi dei tempi di riscossione o la perdita della possibilità di realizzare gran parte del proprio credito, a causa della sottovalutazione del bene pignorato".

Una massima enunciata prima della approvazione del "decreto del fare", ovvero quando ancora Equitalia poteva pignorare e vendere all'asta gli immobili dei contribuenti.

La massima enunciata dalla Cassazione in materia tributaria, si adegua, ed uniforma, a quello da sempre sottolineato nel procedimento civile.

Il processo esecutivo deve mantenere la sua utilità.

La Cassazione specifica inoltre che il concetto di prezzo giusto, non richiede necessariamente una valutazione corrispondente al valore di mercato, ma occorre aver riguardo alle modalità con cui si è pervenuti all'aggiudicazione, al fine di accertare se tali modalità (pubblicità ed altro), siano stati tali da sollecitare l'interesse dell'acquisto.

Insomma, sempre più numerose le sentenze a favore del consumatore indebitato che vede svendere i propri beni senza ottenere, per di più, dalla vendita la soddisfazione dei creditori.


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