Data: 10/02/2017 19:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Un tutor che accompagni e assista le donne vittime di violenza di genere nel percorso di recupero dopo i soprusi subiti. Ma anche un contributo economico per 3 mesi e azioni concrete per aiutarle a reinserirsi nel mondo del lavoro. Sono queste le principali novità previste dal disegno di legge presentato a palazzo Madama dalla senatrice Pamela Orrù (Pd) e sottoscritto da altri 46 senatori.

Frutto del lavoro condiviso con l'associazione trapanese Co.Tu.Le.Vi, il ddl (qui sotto allegato), ha l'obiettivo di modificare la legge n. 119/2013, in materia di azioni per i centri antiviolenza e le case rifugio, prevedendo misure idonee a garantire alle vittime di violenza domestica la riconquista della propria autonomia economica e psicologica.

LE NOVITA' DEL DDL

La figura del tutor

Centrale nel ddl è l'istituzione della figura del "tutor" con il compito di affiancare la donna vittima di violenza, accompagnandola nel reinserimento socio-lavorativo e fornendole adeguate forme di supporto psicologico (esteso anche agli orfani delle vittime di femminicidio).

Il tutor (previo apposito corso di formazione e periodo di tirocinio) potrà essere scelto tra le professionalità operanti nel mondo del volontariato, del servizio civile, del settore dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tra i praticanti avvocati, tirocinanti psicologi e assistenti sociali, che hanno seguito corsi di formazione specifici.

Il contributo economico

Nel ddl Orrù è prevista inoltre l'adozione di misure provvisorie ed urgenti di carattere economico ed abitativo.

Nello specifico, alle donne vittime di violenza è fornito, oltre ad un servizio di assistenza psicologica finalizzato al loro recupero, un contributo economico per la durata di tre mesi.

Inoltre, nei casi delle vittime impossibilitate a rimanere o a rientrare nell'abitazione coniugale, è garantito temporaneo alloggio nelle strutture dei centri antiviolenza e case rifugio ad indirizzo segreto, "al fine di favorire, superata la fase di emergenza, l'inserimento abitativo, anche di più nuclei di vittime con prole, negli immobili confiscati alla mafia ed assegnati alle associazioni che combattono la violenza sulle donne ovvero in abitazioni private, dietro corresponsione di almeno tre mensilità di canone, a carico delle associazioni operanti nel settore".

La rete territoriale (associazioni, servizi, centri antiviolenza) è autorizzata, a tal fine, a chiedere con "carattere di priorità", l'assegnazione dei beni confiscati alla mafia per offrire alloggio alle vittime nel periodo di emergenza. Gli stessi soggetti della rete, inoltre, potranno costituirsi parte civile nei processi per il recupero delle spese affrontate per sostenere, attraverso l'assistenza di avvocati, le donne maltrattate.

Misure per inserirsi nel mondo del lavoro

Alle vittime di reati violenti deve essere inoltre garantita l'assistenza nella ricerca di un lavoro (tramite accesso facilitato ai servizi dei centri per l'impiego, delle agenzie di lavoro e dei privati accreditati) e nei percorsi di imprenditoria femminile e lavoro autonomo anche di tipo artigianale, oltre che l'attivazione di procedure semplificate di accesso al microcredito o ai prestiti d'onore.

Nei casi di assunzione di donne vittime di violenza, ai datori di lavoro verranno riconosciute detrazioni fiscali ad hoc per i costi sostenuti per l'assunzione e la retribuzione.


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