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Data: 12/02/2017 15:40:00 - Autore: Francesco Pandolfi Avv. Francesco Pandolfi - Mobbing, demansionamento e dequalificazione professionale. I giudici spesso si sono soffermati sulle delicate questioni che riguardano i fenomeni patologici del rapporto lavorativo. Sempre più spesso si sente parlare di situazioni problematiche nell'ambito del proprio lavoro, specie nel settore pubblico. Tuttavia, a fronte di questo gran parlare, non è sempre facile distinguere le specifiche situazioni in cui il dipendente può trovarsi, come non è semplice portare in causa il proprio "datore di lavoro" pretendendo un ristoro dei danni subiti. Si perché le innumerevoli sentenze in materia lasciano trasparire rigorosi ragionamenti dei giudici, soprattutto in tema di onere della prova. Ma allora, è possibile o no estrarre da queste sentenze qualche utile criterio guida per aiutare la persona vittima del mobbing o di dequalificazione, nel caso volesse affrontare la causa per far accertare l'esistenza della persecuzione lavorativa? La risposta è si. Ad esempio, la sentenza del Tar Reggio Calabria n. 84/17 si rivela adatta a questo scopo. Il caso specifico riguarda un appartenente all'Arma dei Carabinieri, il quale assume di essere stato vittima di condotte datoriali "seriali e punitive". Ecco quindi i "criteri - guida" con i quali orientarsiIn primo luogo non dimenticare la differenza tra le due situazioni: il mobbing equivale a vero e proprio intento persecutorio da parte del datore, il demansionamento invece è la perdita effettiva delle mansioni svolte. Poi, tenere presente che nei due casi indicati l'onere della prova grava sempre su chi propone la domanda. Il principio normativo, in questo caso, è dato dall'art. 2697 c.c. E' richiesta la prova rigorosa dei fatti, degli eventi e del nesso causale: se così non è la domanda viene respinta. Il lavoratore, perciò, non si deve limitare a lamentarsi di generici illeciti posti in essere dalla parte datoriale, ma deve mettere in risalto i concreti elementi dai quali il giudice sara poi in grado di ricavare la condotta illecita. Infine, per ciò che riguarda il danno subito per effetto delle condotte illecite del datore, il lavoratore deve dimostrare che esso deriva proprio dalla condotta lesiva, in quanto non basta allegare la semplice "potenzialità lesiva" di quella condotta. In praticaSe si decide di procedere in causa, fornire la prova rigorosa della domanda. Per approfondimenti vai alla guida completa sul mobbing Altre informazioni su questo argomento? Contatta l'avv. Francesco Pandolfi 3286090590 francesco.pandolfi66@gmail.com
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