Data: 02/03/2017 22:20:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi � L'Italia non � stata in grado di proteggere una donna dalle violenze domestiche subite, degenerate in un tentato omicidio a suo danno ad opera del marito e nella morte del figlio, ucciso a coltellate dal padre, per aver tentato di proteggere la madre. L'Italia, dunque, ha "avallato" la violenza e va condannata. � questo in estrema sintesi quanto emerge dalla sentenza di oggi della Corte Europea dei diritti dell'uomo nell'affaire Talpis v. Italy (n. 41237/14), che riguarda il caso del delitto di Remanzacco, in provincia di Udine, avvenuto nel 2013. All'epoca dei fatti, la donna, una cittadina rumena, aveva denunciato pi� volte il marito. La procura aveva aperto un'inchiesta (poi archiviata) e la donna era stata accolta in una struttura protetta, dalla quale per� pochi mesi dopo dovette uscire per mancanza di fondi per pagare l'assistenza. Da qui, le nefaste vicende successive.

Per i giudici di Strasburgo, la colpa � delle autorit� italiane che non agendo rapidamente in seguito alla denuncia di violenza domestica fatta dalla donna hanno privato la stessa di qualsiasi effetto "creando una situazione di impunit� che ha portato al ripetersi di atti di violenza � che hanno portato infine � al tentato omicidio della donna ed alla morte di suo figlio".

Per essere venuto meno, all'"obbligo di proteggere la vita delle persone", il nostro paese ha violato dunque, gli articoli 2, 3 e 14 della Convenzione Europea dei diritti umani, ossia il diritto alla vita, il divieto di trattamenti inumani e degradanti e il divieto di discriminazione, riconoscendo alla ricorrente 40mila euro circa per danni morali e spese legali.

Non ci sono, "spiegazioni plausibili per l'inerzia delle autorit� per un periodo cos� lungo, sette mesi, prima di avviare il procedimento penale", sottolinea ancora la Corte (vedi comunicato Cedu qui sotto allegato), accusando gli organi competenti di avere con la protratta passivit�, "avallato" di fatto la violenza.


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