Data: 14/03/2017 15:30:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Legittimo per l'azienda vietare il velo islamico sul posto di lavoro. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea chiamata a pronunciarsi su due vicende analoghe, avvenute in Francia e in Belgio.

Nella sentenza di oggi, i giudici lussemburghesi rammentano preliminarmente che nella direttiva UE, per "principio di parità di trattamento" si intende l'assenza di "qualsiasi discriminazione diretta o indiretta" basata, tra l'altro, sulla religione, nella cui nozione, rientrano sia le convinzioni religiose che la libertà degli individui di manifestarle pubblicamente.

Venendo al caso di specie, per la Corte, tuttavia, non è discriminatoria la norma interna che pone il divieto di indossare in maniera visibile segni politici, filosofici o religiosi, purchè, l'obbligo, "apparentemente neutro – non si traduca in - un particolare svantaggio per le persone che aderiscono ad una determinata religione o ideologia".

In tal caso, infatti, il giudice nazionale potrebbe "arrivare alla conclusione che la norma interna istituisca indirettamente una disparità di trattamento fondata sulla religione o sulle convinzioni personali". Disparità che, sottolinea ancora la CGUE, potrebbe comunque essere oggettivamente "giustificata da una finalità legittima" laddove "i mezzi impiegati per il suo conseguimento fossero appropriati e necessari".

Spetta, in ogni caso, sottolinea la corte UE, al giudice nazionale investito della controversia, il compito di "stabilire se e in quale misura la norma interna sia conforme a tali requisiti". Sebbene, ricorda infine la corte, "è legittima la volontà di un datore di lavoro di mostrare ai suoi clienti, sia pubblici sia privati, un'immagine di neutralità, in particolare qualora siano coinvolti soltanto i dipendenti che entrano in contatto con i clienti". Tale intenzione, rientra, infatti "nell'ambito della libertà d'impresa, riconosciuta dalla Carta".


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