Data: 15/03/2017 17:00:00 - Autore: Marino Maglietta

Prof. Marino Maglietta - Divenute note le linee guida del tribunale di Brindisi, l'Aiaf ha voluto dire la sua, negativamente, dalle colonne di varie testate (leggi: "Affido condiviso: Aiaf, il giudice non può imporre un modello unico di famiglia separata"). E allora una replica è doverosa da parte di chi ci si è impegnato come membro di un gruppo di lavoro. Il principale capo d'accusa nei confronti della giudice che ha preso l'iniziativa è stato quello di avere "imposto", e non "proposto" le linee stesse. 

Ricostruiamo allora gli eventi

Giovedì 2 marzo la presidente della sezione civile ha convocato nella sua stanza tutti i colleghi di sezione, i presidenti di camera civile e minorile, il presidente del Consiglio dell'ordine e tutto il personale del tribunale che segue a qualsiasi titolo i procedimenti, a partire dai cancellieri. Una ventina di persone. In quella occasione ha illustrato per due ore le ragioni tecnico-giuridiche che l'avevano condotta a individuare certe prassi come le più rispettose della normativa vigente, per quanto difformi dalle più diffuse. Dopo di che ha rimandato a un seminario pubblico, che è stato tenuto il giorno dopo, venerdì pomeriggio 3 marzo, alla presenza di centinaia di avvocati e giudici, anche provenienti da Lecce e Taranto, appositamente invitati. Era stata invitata anche la corte d'appello, ma non si è presentata per impossibilità materiale. In quella occasione è stata ripetuta la relazione del giorno prima e chi voleva ha potuto nel dibattito chiedere lumi o esprimere dubbi. Il lunedì successivo ha convocato in tribunale i soli presidenti di cui sopra e consegnato loro una proposta di protocollo di intesa, redatta in conformità dei criteri già enunciati, lasciando loro tutto il tempo per studiarlo, discuterlo con i colleghi e, se del caso, sottoscriverlo. A questo punto certamente il "crimine" era già stato commesso: non era stato chiamato l'Aiaf. Lesa maestà. Ma perché non era stato chiamato? Strano ma vero: perché la democrazia impone "o tutti o nessuno". Quindi avrebbero dovuto essere convocati amche AMI, Osservatorio, ANFI, Aimef, Simef, AEMEF, Aims, Garante per l'Infanzia... e via dicendo. Un po' troppi, no? Si è scelto di convocare solo gli enti più rappresentativi. Gli altri avrebbero potuto esprimersi successivamente. Giova notare che i convocati si stanno studiando il protocollo con calma e non si sono ancora espressi: le adesioni possono avvenire in qualsiasi momento. L'equivoco dell'Aiaf, però, suggerisce la necessità di un ulteriore chiarimento. In quasi tutti i tribunali esistono prestampati (moduli con le istruzioni per separarsi, punto per punto), che nessuno ha mai pensato di sottoporre all'approvazione dell'avvocatura o di condividerli con essa. Eppure rappresentano gli orientamenti, le interpretazioni della legge che quel tribunale ha adottato senza sentirsi in dovere di consultare chicchessia e senza fornire neppure una parola di spiegazione. A Brindisi, invece, si è fornita capillare giustificazione delle scelte e del pensiero che le ha accompagnate e ci si è salutati con il proposito di ritrovarsi dopo qualche mese - giudici e avvocati - per verificare l'esito della "sperimentazione", restando inteso con l'Ordine che, data la novità, l'avvocatura avrebbe attivato al proprio interno dei seminari formativi per favorirne la riuscita.

La sensazione, dunque, è che l'Aiaf faccia una certa confusione tra protocolli e linee guida.
I protocolli effettivamente, essendo delle "intese" tra tutte le componenti del sistema legale non hanno senso se emessi da una componente sola. Quindi se non c'è accordo non c'è neppure il protocollo. Ma, questo non vale per le linee guida, altrimenti, se fosse vero che gli orientamenti di un tribunale per non essere "totalitari" dovrebbero essere condivisi da tutti, dovremmo concludere che a una componente basta rifiutare la firma per far saltare le linee guida. Ovvero un tribunale potrebbe trovarsi a non poter avere alcun orientamento. Forse un'autostima eccessiva da parte di quella componente.

La ratio delle linee guida

Comunque, entrando nel merito, neppure è vero che i principi espressi a Brindisi impediscano il dispiegarsi di un adattamento alle fattispecie. Rigidità nelle regole generali, certamente, ma flessibilità nell'applicarle ai casi particolare. Altrimenti non avremmo la Costituzione. Purtroppo, se si considerano gli aspetti che Aiaf considera mal risolti appare evidente la sua nostalgia per il modello esclusivo e il suo evidente rigetto del diritto indisponibile dei figli alla bigenitorialità. Quando mai l'Aiaf ha protestato per le linee guida di altri tribunali, benché emesse senza consultazione, ma costruite prevedendo che un solo genitore provveda ai bisogni dei figli e l'altro si limiti a passargli del denaro, senza compiti di cura? L'Aiaf, viceversa, si impegna nell'organizzare seminari su "La tutela del diritto di visita del genitore non collocatario" (Firenze, gennaio 2016). Concetti da Statuto Albertino. D'altra parte, è così sbagliato affermare che se – e solo se – la frequentazione dei genitori è mediamente paritetica nell'assegnazione della casa si seguiranno i criteri ordinari? E' così dannoso per i figli che venga meno uno dei principali motivi di lite tra i suoi genitori? E fa loro davvero tanto male dividere la quotidianità con entrambi attraverso il mantenimento diretto, anziché assistere alle sempiterne polemiche su assegni in ritardo e destinazione impropria dei medesimi? Eppure non c'è avvocato che non sappia che il genitore obbligato all'assegno implora il proprio difensore di fare in modo che ai figli si dia anche il sangue ma all'aborrito ex possibilmente nulla...

Forse davvero all'Aiaf – detto con simpatia e comprensione – non si sono guardate le vaste indagini scientifiche attuali su ciò che realizza meglio l'interesse dei figli e ci si basa sul già consolidato, sui vecchi libri di scuola. Si è restati al tempo in cui il dominante maschilismo imponeva che solo le donne, senza ambizioni, si occupassero della casa e dei figli; per cui, in caso di separazione era effettivamente indispensabile avere i soldi in mano (benché spesso troppo pochi). E questo emerge anche da una delle principali obiezioni, sostanzialmente inconsistente. Se, dice l'Aiaf, i genitori hanno redditi molto diversi il bambino vivrà in due contesti economici molto diversi e questo non va bene... Però attenzione: distinguiamo l'interesse degli adulti da quello del bambino. Se la madre è sposata le spetta un assegno personale per mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; quindi il problema non esiste. Se ha solo convissuto, comunque adesso la legge 76/2016 ha pensato anche a lei. E per il figlio ci sono le massime tutele. Prendiamo il caso limite: famiglia monoreddito di fonte paterna. Mantenimento diretto significa, ad es., che se, affinché il figlio possa continuare a vivere esattamente come prima svolgendo le medesime attività, servono 1000 € al mese il padre corrisponderà 500 € mensili alla madre che coprirà solo capitoli di spesa per i quali tale cifra è sufficiente mentre il padre pagherà tutto il resto con altri 500. Lo prescrive la legge, e le linee guida di Brindisi si limitano a ribadirlo. Quanto agli spicchi d'arancia non si può che rimandare agli studi scientifici nazionali e internazionali che attestano che i danni da mancanza di stabilità affettiva sono ben più gravi degli inconvenienti logistici. Ma forse non importa nemmeno. Basta notare che il modello w-e alternati più "visite" infrasettimanali comporta più trasferimenti dei modelli suggeriti a Brindisi. La correzione di rotta di Brindisi rispetto ad una legge violata, d'altra parte, non ha nulla di improvvisato, ma segue segnalazioni di enti terzi come il MIUR (circolare 5336/2015) e dall'Istat che così commenta le cifre della giurisprudenza 2005-2015 (Report novembre 2016, p.13): "In altri termini, al di là dell'assegnazione formale dell'affido condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all'affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalità ai giudici la legge non ha trovato effettiva applicazione". 

Concludo con una doverosa domanda. Da tre anni il D.lgs 154/2013 ha spogliato il minore di una quantità di diritti, intervenendo senza delega sulle regole dell'affidamento. Perché l'Aiaf ha taciuto? Cosa aspetta? O forse è d'accordo con la visione adultocentrica di quel provvedimento? Se la domanda non fosse chiara prenda visione della monografia "L'illegittimità formale, l'illegittimità sostanziale e l'inadeguatezza strutturale del decreto legislativo n. 154 del 2013" di Roberto Russo, in Giustizia Civile, 2016.

Prof. Marino Maglietta

Presidente Associazione Crescere Insieme


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