Data: 27/03/2017 19:40:00 - Autore: Gabriella Lax

di Gabriella Lax - Avvocatura, crisi della stessa e prospettive per il futuro prossimo. Di questi temi abbiamo discusso con Michele Salazar, componente del Consiglio Nazionale Forense, avvocato e professore ordinario di diritto processuale amministrativo presso l'Università di Messina. 

Verso dove sta andando l'avvocatura?

«In una direzione che pone l'avvocato all'interno del sistema politico e statuale globale, con riferimento anche ad una posizione che richiama il principio personalistico della nostra Costituzione. L'avvocato va visto come uomo oltre che come professionista, con tutti i suoi problemi compresi quelli esistenziali di natura economica. Nel momento che stiamo vivendo il richiamo all'equo compenso ha un significato che trascende l'attività professionale e che riguarda il lavoratore avvocato e l'uomo avvocato. La dimensione oleografica, o la dimensione critica nei confronti dell'avvocato, questi due aspetti del bene e del male, in definitiva che rimangono nell'immaginario collettivo, oggi c'è una proiezione nella realtà sociale ed una necessità anche di portare la voce dei diritti nella discussione quotidiana».

Quali fattori, a suo avviso, possono aver determinato la crisi dell'avvocatura?

«I fattori della crisi sono i vincoli di natura europea che hanno inciso sulla professione non solo consentendo l'eccesso di presenze falsamente europee, e mi riferisco agli abogados, avocat, advocat: in quel caso ci abbiamo perduto in sede europea, sul terreno dell'abuso del diritto, c'è stata una forzatura. Ma non è solo questo, si tratta di una situazione globale, nella quale, l'eccesso delle spese di giustizia ha determinato una fuga dalla giustizia di alcuni settori: dei settori più poveri e dei settori economici che trovano difficoltà a proporsi davanti al giudice perché devono pagare un biglietto d'ingresso elevatissimo. Si pensi ai ricorsi davanti al tribunale amministrativo o davanti al Consiglio di stato in materia di appalti: ci sono delle piccole imprese che non corrono, non vanno sicure di vincere, ma solo per vedere come vanno le cose devono sostenere spese da 4000 o 6000 euro. Le persone non hanno questi soldi. Nel sistema generale, quando non c'è produzione di reddito dove si trovano i soldi per poter pagare l'avvocato o per affrontare un giudizio. E poi i ritardi nella macchina giudiziaria determinano anch'essi crisi economica, per il fatto di non potere celermente raggiungere l'obiettivo.

In tutto questo si inseriscono proteste e petizioni per il costo della Cassa forense...

«La legge professionale ha previsto che l'iscrizione all'albo comporta automaticamente l'iscrizione alla cassa, mentre il sistema precedente richiedeva un minimo di reddito che significava la possibilità di poter versare contributi, ora il minimo di reddito non c'è, ma il contributo va versato ugualmente. Dunque c'è stato un momento di disadattamento. Però concretamente un vantaggio c'è perché se si pensa al futuro c'è un sacrificio attuale ma i versamenti saranno produttivi in futuro. Mi sembra un discorso asfittico quello che fanno con le proteste e le petizioni. Tra poco ci sarà anche l'obbligo dell'assicurazione a gravare sul professionista. Questi costi per chi non è avviato e sta iniziando pesano. Comunque è un discorso che riguarda la cassa forense e non il Consiglio nazionale forense, noi non ci occupiamo di queste cose. C'è stato il recupero anche per chi è rimasto iscritto all'albo e non aveva finora avuto alcun reddito, hanno pure tolto le sanzioni per agevolare queste persone. È un problema che in questo momento appare alquanto critico però in prospettiva si dovrebbe sanare con l'avvio dell'attività professionale, e poi non sono soldi perduti ma entreranno in un conto personale che assicurerà una pensione seppur nei limiti molto modesti. Sì, si potrebbero cercare dei sistemi per alleggerire il carico nel senso ad esempio di rateizzare le somme. Trovare facilitazioni».

Sull'equo compenso come state lavorando?

«Il progetto è stato fatto proprio dal Ministero, ciò che rileva è, a parte la dignità ed il decoro, questa intromissione dei poteri che si fanno forti per la forza economica che hanno (assicurazioni, banche, poste, la stessa Equitalia) e costringono alla stipulazione di contratti per somme misere. Questo non solo mortifica ma sfrutta il sistema del numero ed anche il sistema del bisogno. Ci sono altre questioni relative alla rotazione degli incarichi nella Pubblica amministrazione che è priva di senso perché la scelta avviene attraverso delle short list, ma non sulla base fiduciaria, il rapporto fiduciario è finito e se l'amministrazione ha dato un incarico ad un avvocato ed è andata bene comunque non è possibile dare un secondo incarico. È un discorso di vedere la professione da un punto di vista formalistico, si applicano criteri di scelta che prescindono dal merito, dalla fiducia e dall'obbligo di specializzazione e di competenza dell'avvocato. Si obbligano gli avvocati ad acquisire un certo numero di crediti e poi di questo non se ne tiene conto».

Quali iniziative state portando avanti?

«Intanto la tutela della donna avvocato madre, in tutti i modi con congedi e rinvii. Poi abbiamo stipulato un protocollo d'intesa col ministero dell'istruzione perché siano gli avvocati a fare lezioni ed interventi nelle scuole, gratuitamente, per illustrare la Costituzione, la legalità, i processi, una forma culturale di insegnamento in cui gli avvocati (così come fanno anche i giudici) portano la loro esperienza».


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