Data: 26/03/2017 18:00:00 - Autore: Alessia Raimondi

Avv. Alessia Raimondi - Con sentenza n. 3854 del 14 febbraio 2017 la Corte Suprema affronta la vicenda di un agente di commercio che aveva agito in giudizio affinchè fosse accertata la giusta causa delle sue dimissioni e condannata la preponente al versamento delle indennità di cessazione del rapporto.

L'agente nello specifico riteneva che la proposta di riduzione delle proprie provvigioni, da parte della mandante, avesse comportato il venir meno del rapporto fiduciario intercorrente con la stessa e di conseguenza avesse integrato una giusta causa di revoca dal mandato.

Tale proposta era infatti pervenuta nonostante il lungo rapporto di collaborazione intercorrente tra le parti (oltre 10 anni) e sebbene l'agente stesse in quel momento apportando notevoli benefici alla preponente in termini di fatturato. Di conseguenza - continuava l'agente-  l'ipotesi paventata da controparte, di modificare in senso peggiorativo le sue condizioni economiche, appariva oltre che lesiva altamente oltraggiosa.

La Corte Suprema sottolinea invece con questa pronuncia come la giusta causa di recesso non debba essere valutata alla luce "della percezione soggettiva e della sensibilità del richiedente", occorre al contrario che le motivazioni poste alla base del recesso rappresentino un oggettivo impedimento alla prosecuzione, anche solo provvisoria, del rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, il fatto dedotto come lesivo non consisteva nella effettiva riduzione delle provvigioni (e dunque in una decisione unilaterale della mandante imposta all'agente), ma in una mera proposta, che ben poteva essere rifiutata dall'agente stesso, non essendo ancora definitiva.  

Difettano in conclusione- a detta della Corte Suprema - i presupposti di gravità per giustificare il recesso immediato dell'agente.

Avv. Alessia Raimondi

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