Data: 23/03/2017 20:40:00 - Autore: Redazione

di Redazione - Al fine di fronteggiare l'emergenza generazionale riducendo il gap tra giovani e anziani, occorre "una rimodulazione dell'imposizione che, con funzione redistributiva, tenga conto della maturità fiscale". In parole povere, gli anziani devono pagare di più per favorire i giovani. È questa la proposta contenuta in uno studio della Fondazione Visentini presentato oggi alla Luiss, che scatta una triste ma lucida fotografia della situazione italiana sotto il profilo dell'equità intergenerazionale: siamo i penultimi in Europa, prima solo della Grecia.

Da qui la proposta, di un "contributo solidaristico da parte della generazione più matura che gode delle pensioni più generose – che sarebbe non solo – doveroso sotto il profilo etico, ma anche sotto quello sociale ed economico".

I dati allarmanti sul lavoro

Stando allo studio della fondazione, se nel 2004 un giovane ventenne impiegava un decennio per costruirsi una vita autonoma, nel 2020, ne impiegherà 18 arrivando quindi a quasi 40 anni, e nel 2030 28, diventando in sostanza "grande" e autonomo a 50 anni.

Nella ricerca si evidenza, inoltre, che l'Europa è "penultima per equità intergenerazionale facendo meglio solo della Grecia".

La proposta

Nell'ambito delle soluzioni proposte, lo studio della Visentini ipotizza una sorta di "patto tra generazioni" con un contributo a carico dei pensionati, "nella parte apicale delle fasce pensionistiche con un intervento progressivo sia rispetto alla capacità contributiva, sia ai contributi versati". Il coinvolgimento, da parte della platea di circa 2 milioni di cittadini pensionati aventi tali requisiti, sarebbe triennale e andrebbe a contribuire allo sviluppo (e ad evitare la deriva) dei Millennials.

Ciò potrebbe essere raggiunto grazie: ad "incentivi fiscali"; alla creazione di "un adeguato Fondo di solidarietà per le politiche giovanili"; nonché attraverso "misure straordinarie di contributi e creazione di strumenti finanziari in grado di moltiplicare l'effetto e sostenere la strategia delineata – finalizzata, prosegue lo studio – a sostenere quantomeno il costo che il nostro Paese sostiene per i Neet", ossia i giovani che non studiano e non lavorano.


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