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Data: 24/03/2017 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - I social network hanno un mese di tempo per adeguarsi alla normativa europea sul consumo: è quanto emerso dall'incontro tenutosi lo scorso 16 marzo nel corso del quale la Commissione UE ha incontrato i rappresentati di Facebook, Twitter e Google+ per discutere sul rispetto della normativa europea in materia di tutela dei consumatori, fruitori dei social media, che sempre più frequentemente segnalano frodi o truffe a loro danno. Ai crescenti reclami riguardanti frodi o truffe durante la consultazione di siti di social media, si sono aggiunte anche le lamentele circa talune condizioni di utilizzo non conformi alle norme UE a tutela dei consumatori. Questi gli aspetti preoccupanti che hanno reso necessario l'incontro con gli operatori interessati, al fine di discutere le soluzioni proposte. Gli operatori si sono impegnati a predisporre entro un mese misure dettagliate per conformarsi al quadro normativo dell'Unione, proposte che passeranno al vaglio delle autorità responsabili della tutela dei consumatori: se le proposte non dovessero risultare soddisfacenti, avvisa l'UE, potrebbero scattare anche misure coercitive. In tale occasione, la Commissaria per la giustizia Vera Jourová ha evidenziato la crescente presenza dei social media nella vita quotidiana della maggioranza degli europei: "Vista la crescente importanza delle reti sociali online è ora il momento di garantire che in questo settore ci si conformi alle solide norme UE, che sono state elaborate appositamente per tutelare i consumatori dalle pratiche sleali". A partire da oggi, ha aggiunto, gli operatori di social media hanno un mese di tempo per presentare soluzioni che consentano loro di conformarsi alle norme dell'UE. In risposta, gli operatori hanno convenuto sulla necessità di proporre cambiamenti in due settori in particolare, ossia le clausole e le condizioni abusive, da un lato, e le frodi e le truffe che inducono in errore i consumatori nel momento in cui utilizzano le reti sociali, dall'altro. La direttiva sulle clausole abusive è chiara nell'affermare che deve ritenersi tale una clausola standard che determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti a danno del consumatore (articolo 3); in quanto abusiva, la clausola va considerata nulla. Le clausole, infatti, devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile (articolo 5) affinché il consumatore sia informato dei suoi diritti in modo altrettanto chiaro e comprensibile. Ciò significa che le reti di social media non potranno impedire al consumatore di rivolgersi a un Tribunale dello Stato membro di residenza, né chiedergli di rinunciare a diritti inderogabili come quello di recedere da un acquisto online. Ancora, si legge nel Comunicato Stampa dell'incontro, le clausole di utilizzo non potranno limitare, né escludere completamente la responsabilità della rete di social media in relazione alla prestazione del servizio stesso; i contenuti sponsorizzati non potranno essere occultati, ma dovranno essere identificabili in quanto tali. Ancora, chiarisce Bruxelles, ai social non è consentita la modifica unilaterale delle clausole e delle condizioni di utilizzo senza che il consumatore sia stato preventivamente e chiaramente informato sulla motivazione di tale modifica e messo in grado di recedere dal contratto in tempo utile. La stessa a risoluzione di un contratto da parte dell'operatore di social media dovrebbe essere poi disciplinata da regole chiare e non decise unilateralmente. Inoltre, le clausole di utilizzo non potranno conferire all'operatore di social media un potere illimitato e discrezionale di rimozione dei contenuti. Per quanto riguarda il rischio delle frodi e delle truffe, gli operatori dei social dovranno impegnarsi al fine di eliminarle dai loro siti web, non appena venuti a conoscenza di tali pratiche. A tale proposito, si richiede alle autorità nazionali responsabili della tutela dei consumatori di predisporre un canale di comunicazione standard diretto per segnalare tali irregolarità agli operatori di social media (ad esempio, eventuali violazioni della direttiva sulle pratiche commerciali sleali o della direttiva sui diritti dei consumatori) e ottenere la rimozione dei contenuti, oltre ad informazioni relative agli operatori commerciali responsabili di tali violazioni. Tra gli esempi di pratiche commerciali sleali individuate dalla Commissione vi sono le truffe riguardanti i pagamenti effettuati dai consumatori, gli abbonamenti ingannevoli in cui si chiede al consumatore di iscriversi per un periodo di prova gratuito, ma senza dare informazioni chiare e sufficienti, la vendita di prodotti contraffatti, le finte promozioni o i finti concorsi che spesso sottendono la sottoscrizione occulta di un abbonamento a lungo termine per parecchie centinaia di euro all'anno. |
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