Data: 25/03/2017 14:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Il pignoramento è legittimo anche se i beni sui quali è eseguito superano l'importo del credito da recuperare, in quanto comunque tale circostanza è ben diversa da quella in cui il credito è inesistente.

Lo ha ricordato recentemente il Tribunale di Torino con ordinanza del 7 novembre 2016 (qui sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda in cui il creditore procedente aveva notificato il pignoramento presso terzi a 19 banche, 4 delle quali avevano reso dichiarazioni positive. Egli, quindi, aveva vincolato somme del suo debitore per un importo complessivamente maggiore del credito aumentato della metà, come invece dispone l'articolo 546 del codice di rito.

Il debitore, quindi, aveva chiesto al giudice la riduzione del pignoramento con contestuale condanna del creditore per responsabilità aggravata ai sensi dell'articolo 96 c.p.c., che, al comma due, dispone che il giudice, quando accerta l'inesistenza del diritto per il quale è stata avviata l'esecuzione forzata, su istanza di parte condanna il creditore procedente al risarcimento danni.

Per il Tribunale, però, non è possibile considerare il pignoramento eccessivo come un atto di per sé illegittimo, in quanto l'azione esecutiva che con esso è avviata è relativa a un credito comunque esistente. Tale affermazione vale soprattutto nei pignoramenti presso terzi, con riferimento ai quali il creditore non è quasi mai a conoscenza dell'entità dei beni che intende sottoporre a vincolo e non è quindi in grado di conoscere in anticipo le sorti del pignoramento.

Dinanzi a un pignoramento eccessivo, quindi, il debitore può semmai domandarne e ottenerne la riduzione.

Insomma, non sussistono quelle ipotesi di abuso del mezzo esecutivo con dolo o colpa grave che giustificano la condanna del creditore per responsabilità aggravata.


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