Data: 27/03/2017 11:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Abusa dello strumento processuale colui che, manifestamente responsabile, non risponde all'invito a negoziare e, pertanto, oltre alla condanna rischia una sanzione aggiuntiva ai sensi dell'art. 96 del codice di procedura civile. Lo ha precisato il Tribunale di Torino, sezione terza, nella sentenza n. 214/2017 (qui sotto allegata).

Parte attrice aveva richiesto all'azienda convenuta di fornirle dei macchinari che, tuttavia, non venivano consegnati nonostante il pagamento a titolo di anticipo di due rate. La società riconosceva la propria inadempienza, ma l'attrice, non avendo più interesse all'adempimento, chiedeva inutilmente la restituzione dell'anticipo versato. 

Il giudice torinese accoglie la domanda di condanna di parte convenuta al pagamento della somma di quasi 40mila euro e nella sentenza tiene altresì conto "del mancato riscontro dell'invito alla negoziazione assistita" da parte della società inadempiente; da qui la condanna al pagamento dell'ulteriore somma di 3mila euro equitativamente determinata ex officio ai sensi dell'art. 96 del codice di procedura cibile.

Il comportamento della convenuta, precisa il giudice Giacomo Oberto, integra gli estremi, se non del dolo, quanto meno della colpa gravissima e pertanto merita la più rigorosa applicazione della sanzione ex art. 96, ult. cpv. del codice di procedura civile che, come rammentato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 19285/2016), ha introdotto un meccanismo che "deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio e preordinato allo scoraggiamento dell'abuso del processo, nonché a preservare la funzionalità del sistema giustizia".

Diversamente dall'ipotesi prevista dal primo comma della stessa norma, questo meccanismo si sottrae alla rigorosa prova del danno, essendo unicamente condizionato all'accertamento di una condotta di grave negligenza o addirittura malafede processuale della parte. Quindi la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata ha natura sanzionatoria, nonché officiosa, non corrisponde a un diritto di azione della parte vittoriosa e può essere liquidata anche in assenza della prova di un danno subito dalla controparte.

In particolare, per il giudicante cià appare ancor più rilevante in un momento in cui le "migliori forze del Paese" stanno compiendo ogni sforzo volto a dotare l'Italia di un sistema processuale efficiente e razionale, nel pieno rispetto del canone del délai raisonnable previsto dall'art. 6 della Cedu; pertanto, appare fondamentale instaurane nei vari Uffici Giudiziari una cultura e una prassi di sano case management

Il magistrato ritiene che la prima di tale prassi virtuose consista nel superare definitivamente "antiche mentalità corrive verso i veri e propri abusi della funzione giurisdizionale che, mercé l'introduzione in giudizio di pretese infondate o, per converso, di difese del tutto temerarie, a detrimento dei legittimi interessi dei cittadini veramente lesi nei propri diritti, rischiano di soffocare i nostri sempre più (spesso inutilmente) oberati Tribunali".

Inutile dire, prosegue la sentenza, che il medesimo risultato si raggiunge nel caso in cui, di fronte a un'evidente situazione debitoria, il soggetto obbligato non aderisce alla domanda di mediazione o di negoziazione assistita, costringendo il creditore ad adire le vie giurisdizionali.

Da qui la necessità espressa dal magistrato di approdare a una "rigorosa ed inflessibile applicazione di quei pochi strumenti che l'armamentario normativo pone a disposizione del Giudice al fine di stroncare operazioni il cui risultato non è altro se non quello di intasare gli Uffici Giudiziari di controversie la cui proposizione, con la semplice applicazione dei più elementari ed istituzionali principi dell'ordinamento, andrebbe del tutto evitata".

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