In occasione del ricorso straordinario di un interessato, il Consiglio di Stato ha precisato i caratteri di questo importante principio, descrivendo in base a quali elementi l'Autorità vieta la detenzione nel caso di convivenza con un soggetto pregiudicato.
Da questi elementi possiamo poi ricavare utili criteri guida, che illustrano "come prevenire" il divieto.
Punto di partenza del ragionamento del C.d.S. è la coabitazione del ricorrente con la persona pregiudicata.
E' evidente che una circostanza del genere, in applicazione del principio di cautela, porta l'Autorità all'applicazione della norma del divieto, valorizzando il contesto familiare e trascurando il fatto che il ricorrente sia estraneo ai pregiudizi penali del familiare.
I criteri guida
A questo punto, ricaviamo allora i criteri che possono essere utili per prevenire l'applicazione discrezionale e rigorosa delle norme di cautela da parte dell'autorità.
Innanzitutto escludere la convivenza.
E' vero infatti che l'Autorità di polizia vieta la detenzione armi quando il destinatario convive con chi può abusare delle stesse, dato che in questo caso si può ipotizzare la possibilità che l'arma venga utilizzata senza il consenso del titolare.
Di riflesso, evitare condizionamenti o tolleranze.
Il legame familiare e la convivenza possono comportare situazioni di questo tipo, anche in circostanze di diligente e sicura custodia delle armi.
In pratica
In una materia delicata come questa è fondamentale non dare spunto all'Autorità neppure con piccoli indizi sulla probabilità del possibile abuso dell'arma.
Nel caso specifico: pur respingendo il ricorso, la Sezione ha ritenuto di precisare che, in caso di effettiva cessazione del pericolo di abuso, resta salva la possibilità di un successivo nuovo esame da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, dell'interesse in argomento.
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