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Data: 31/03/2017 16:00:00 - Autore: Manuele Serventi Merlo di Manuele Merlo Serventi - Con
la sentenza n° 25201/2016, la Corte di Cassazione ha sancito il principio di
diritto secondo il quale il mero obiettivo del conseguimento del profitto può
adeguatamente giustificare la soppressione di una prestazione lavorativa e,
conseguentemente, integrare idoneo motivo oggettivo di licenziamento. Così
statuendo, il supremo consesso nomofilattico è giunto ad un approdo inedito,
seppur in qualche modo presagito da precedenti decisioni. Cass.
n° 19185/2016 aveva, infatti, affermato che poteva costituire giustificato
motivo oggettivo di licenziamento anche soltanto una diversa ripartizione di
date mansioni fra il personale di servizio, attuata ai fini di una più
economica gestione aziendale. Sulla
stessa lunghezza d'onda si erano, sostanzialmente, poste anche altre pronunce
della Corte di Cassazione per cui il datore di lavoro può ricercare il profitto
mediante la riduzione del costo del lavoro o di altri fattori produttivi (
Cass. n° 13516/2016) o – ancora – licenziare per giustificato motivo oggettivo
il lavoratore in ipotesi di esternalizzazione del settore di attività ( Cass.
n° 6346/2013). Avverso
l'orientamento giurisprudenziale sinora esposto ne sussiste, tuttavia, un altro
di segno opposto per il quale il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
non deve risultare meramente strumentale ad un incremento del profitto ( Cass.
n° 755/2012; Cass n° 1916/2011; Cass. n° 1230/2011). In
posizione intermedia tra i due orientamenti citati si trova una terza posizione
per la quale è legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo purché
volto a far fronte a sfavorevoli situazioni economiche non meramente
contingenti, influenti in maniera decisiva sulla normale attività produttiva
dell'impresa considerata ( Cass. 20534/2015; Cass. 5173/2015; Cass. 4299/2013). Data
la situazione come sopra descritta, è evidente che in materia di licenziamento
per giustificato motivo oggettivo sussista una giurisprudenza di Cassazione
assai contrastante che potrebbe risolversi soltanto con un'apposita pronuncia
resa a Sezioni Unite. |
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