Data: 31/03/2017 18:00:00 - Autore: Giorgio Marchetti

di Giorgio Marchetti - Particolarmente nell'ambito dei procedimenti civili, non pochi contrasti interpretativi sono emersi in questi ultimi tempi sull'applicazione del nuovo patrocinio sostitutivo alla luce della legge di riforma forense del 2012 e in ordine al dies a quo per la sua applicabilità.

Si assiste peraltro ad una interpretazione del quadro normativo piuttosto disomogenea da parte dei vari COA nonché a talune applicazioni della nuova disciplina a dir poco discutibili.

Va premesso che l'abilitazione del praticante avvocato con la legge di riforma muta radicalmente rispetto alla disciplina previgente.

Infatti con l'abilitazione di cui alla pregressa normativa il "praticante avvocato abilitato al patrocinio" può patrocinare in proprio ed essere inserito nel mandato alla difesa, ciò che in buona sostanza equivale a poterlo definire, nei limiti del proprio status abilitativo, "procuratore legale" ex art. 82 c.p.c.

La legge di riforma del 2012 ha introdotto l'istituto del c.d. "patrocinio sostitutivo" e, di conseguenza, la nuova figura del "praticante avvocato abilitato al patrocinio sostitutivo". Ciò si desume dalla lettura dell'art. 15 della L. 247/2012 che istituisce alla lett. g) "il registro dei praticanti" ed alla lett. h) "l'elenco dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo, allegato al registro di cui alla lettera g)".

Orbene, la disciplina dell'abilitazione del praticante avvocato ante L. 247/2012 è regolata dall'art. 8 RDL 1578/1933, il quale nella formulazione attuale (non esplicitamente abrogata dalla L. 247/2012) prevede che «I praticanti procuratori, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al primo comma, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale e' compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della legge 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore. Davanti ai medesimi tribunali e negli stessi limiti, in sede penale, essi possono essere nominati difensori d'ufficio[1], esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre dichiarazione di impugnazione sia come difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero.».

Peraltro, lo status abilitativo del praticante avvocato abilitato al patrocinio incontra i limiti fissati dall'art. 7 L. 479/1999 come segue:
«I praticanti avvocati, dopo il conseguimento dell'abilitazione al patrocinio, possono esercitare l'attività professionale i sensi dell'articolo 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nelle cause di competenza del giudice di pace e dinanzi al tribunale in composizione monocratica, limitatamente:

a) negli affari civili:
1) alle cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a € 25.822,84 (lire cinquanta milioni);
2) alle cause per le azioni possessorie, salvo il disposto dell'articolo 704 del codice di procedura civile, e per le denunce di nuova opera e di danno temuto, salvo il disposto dell'articolo 688, secondo comma, del codice di procedura civile;
3) alle cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili urbani e a quelle di affitto di azienda, in quanto non siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie;

b) negli affari penali, alle cause per i reati previsti dall'articolo 550 del codice di procedura penale.»

Per converso, al riguardo del "praticante avvocato abilitato al patrocinio sostitutivo", l'art. 41, comma 12, L. 247/2012 prevede che il egli «può svolgere attività in sostituzione dell'avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale nei procedimenti di competenza del giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore.»

Si evince allora che il praticante abilitato al patrocinio sostitutivo non può (più) avere cause proprie o essere inserito nel mandato difensivo. Il suo ruolo nella sostanza sarà appunto sostitutivo e comunque sotto la responsabilità del proprio dominus.

Al riguardo degli affari penali, con la nuova normativa, ferma restando la possibilità per il praticante di svolgere solo mera attività sostitutiva, nella sostanza poco o nulla è cambiato.

Per gli affari civili, invece, nella norma che occupa non si fa più menzione né della composizione del tribunale né del valore della causa né del limite territoriale (in precedenza quest'ultimo circoscritto al distretto di Corte d'appello del Foro di appartenenza), talché si deve ritenere che lo ius postulandi del "praticante sostituto" attenga a tutte le cause civili dinanzi al giudice di pace e quelle dinanzi al tribunale, anche in funzione di appello, qualsiasi sia la sua composizione, la territorialità ed il valore, restando comunque esclusa la possibilità di essere inserito in nomina nel mandato.

Non essendo tuttavia intervenuta l'esplicita abrogazione della previgente normativa, si pone un ulteriore problema derivante dalla stratificazione delle due discipline.

Atteso infatti che il DM 70/2016 di attuazione delle modalità di svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense stabilisce, al secondo comma dell'art. 1, che il suddetto regolamento «si applica ai tirocini iniziati a partire dalla sua entrata in vigore (i.e. 3 giugno 2016)» ed altresì «Ai tirocini in corso a tale data continua ad applicarsi la normativa previgente», si pone una questione di compatibilità e sovrapponibilità delle due diverse discipline.

Dunque, il quesito che sorge è il seguente: il praticante abilitato secondo la previgente normativa può ritenersi anche abilitato al patrocinio sostitutivo sulla scorta del generale principio secondo cui "nel più sta il meno", con il corollario che egli, nelle cause che superano i limiti del proprio status di praticante abilitato al patrocinio, pur non potendo essere inserito nel mandato, può patrocinare in via sostitutiva?

La questione non è di poco conto e, ad avviso di chi scrive, non si vede come non si possa rispondere al quesito affermativamente, muovendo dalla logica secondo cui se il praticante può addirittura patrocinare in proprio talune cause rientranti in nei limiti previsti dalla "vecchia" disciplina, può certamente svolgere attività in sostituzione dell'avvocato senza i limiti di cui al patrocinio in proprio, perché così prevede l'art. 41, co. 12, L. 247/2012. La locuzione «Ai tirocini in corso a tale data continua ad applicarsi la normativa previgente» di cui all'art. 1 della citata norma deve infatti intendersi, a parere di chi scrive, dettata in favore dei "vecchi" praticanti abilitati a cui non poteva essere ridotto il proprio status abilitativo già conseguito.

Residua l'ultimo dubbio in ordine alla durata massima dell'abilitazione al patrocinio del praticante, di sei anni nella previgente disciplina, di cinque anni con l'attuale.

Fermo restando che nell'ambito delle due tipologie di patrocinio la durata resta quella prevista dalle rispettive normative, siccome stabilito dal comma 2 dell'art. 1 del DM 70/2016, la legge nulla dice né lascia intendere in ordine all'applicabilità della nuova durata di cinque anni, relativa al patrocinio sostitutivo, per il praticante abilitato anteriormente al 3 giugno 2016, di talché deve intendersi che la durata dell'abilitazione per quest'ultimo resti pari a sei anni.


[1] La Corte Costituzionale con sentenza 10-17 marzo 2010 n. 106 (in G.U. 1ª s.s. 24/3/2010 n. 12) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, comma 2, ultimo periodo nella parte in cui prevede che i praticanti avvocati possono essere nominati difensori d'ufficio.


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