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Data: 03/04/2017 22:10:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il delitto di stalking si realizza anche se le condotte persecutorie sono poste in atto in un ristretto arco temporale, anche una sola giornata, purché gli atti autonomi siano reiterati abbiano provocato nella vittima ansia e fondato timore per la sua incolumità, tanto da modificare le sue abitudini di vita. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 16205/2017 (qui sotto allegata) a seguito del ricorso del Procuratore presso il Tribunale. L'imputato era stato condannato dal GIP per il reato ex art. 660 c.p., ossia molestia o disturbo alle persone, fattispecie che riqualificava l'originaria imputazione per stalking. L'imputato aveva consumato il reato di atti persecutori, secondo l'accusa, nei confronti di una donna appostandosi sotto la sua abitazione e scrivendo sulla sua autovettura e sul portone dell'abitazione frasi a sfondo sessuale. La persona offesa aveva riferito le improprie attenzioni dell'uomo subite nell'arco di due mesi, approcci che le avevano causato uno stato d'ansia con insonnia e perdita di peso. Tuttavia, per il giudice a quo non emergeva dalla ricostruzione la donna avesse dovuto modificare le sue abitudini di vita, elemento necessario per la sussistenza del delitto di atti persecutori. Ancora, si aggiungeva che lo stato d'ansia si era protratto per un limitato periodo di tempo sostanzialmente coincidente con le condotte dell'imputato che si erano esaurite nell'arco di circa venti giorni. Infine, le frasi rivolte alla medesima erano più scurrili che minacciose, non potendo quindi determinare un particolare timore. Per il procuratore, invece, il giudice avrebbe errato nell'operare la distinzione fra le fattispecie astratte del delitto di atti persecutori e del reato di molestie. La Cassazione, accogliendo il ricorso, rammenta che ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, è sufficiente il realizzarsi di anche uno solo degli eventi alternativamente previsti dall'art. 612-bis c.p., ossia il "perdurante e grave stato di ansia o di paura" e "il fondato timore per l'incolumità propria". La decisione del giudice contrasta con le dichiarazioni della persona offesa che aveva, invece, affermato sia di avere modificato le proprie abitudini di vita, facendosi raggiungere dalla madre che abitava a qualche centinaio di chilometri e abbandonando per alcune notti il proprio domicilio, sia di avere patito stati d'ansia e timore tali da causarle difficoltà sul lavoro, insonnia ed ingente perdita di peso. Peraltro, sul piano oggettivo le frasi vergate dall'imputato, in luoghi pubblici (sull'autovettura parcheggiata, sul portone esterno del caseggiato) erano talmente volgari e allusive da poter certamente causare il denunciato turbamento. Ancora, quanto al ristretto ambito temporale, la Corte conferma quanto affermato in passato ossia che il delitto di stalking è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, una sola giornata, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice (sent. n. 38306/2016). Ciò vale tanto più quando sia accertato, come nel caso di specie, che le condotte contestate erano state commesse nel giro di una ventina di giorni e, quantomeno per un tempo analogo, avevano causato alla vittima il riferito stato d'ansia, oltre che il denunciato mutamento delle abitudini di vita. La sentenza deve essere annullata con rinvio.
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