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Data: 08/04/2017 15:30:00 - Autore: Gabriella Longo di Gabriella Longo - "Il giudizio di compatibilità ambientale, pur reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione pienamente esposti al sindacato del giudice, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse all'esecuzione dell'opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione di fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione." Le valutazioni rese in sede di V.i.a. sono censurabili per vizi macroscopici di irrazionalità in quanto le scelte della P.A., fondate su criteri oggettivi ed argomentazioni logiche, non rappresentano un mero giudizio tecnico posto che la V.i.a., finalizzata alla tutela preventiva dell'interesse pubblico, presenta profili di discrezionalità che limitano il sindacato giurisdizionale al vizio di abnormità e/o manifesta illogicità. Il caso di specie (sentenza Consiglio di Stato n. 1392/2017 qui sotto allegata) ha ad oggetto due opere distinte ma connesse (gasdotto e collegamento alla rete nazionale di distrubuzione), sottoposte entrambe a V.i.a., in cui non si rinvengono le condotte elusive stigmatizzate da quella giurisprudenza che vieta il frazionamento artificioso dell'opera finalizzato a sottrarla a V.i.a. Il dissenso espresso in sede di conferenza di servizi dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del Turismo, può essere superato dalla delibera del Consiglio dei Ministri, che facendo propria la posizione del Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio, e del Mare, ricorra ad una motivazione per relationem richiamante le valutazioni tecniche emerse in precedenza. "Anche laddove non ci si volesse integralmente rifare ad affermazioni contenute in alcune pronunce, anche di questo Consiglio di Stato, secondo cui « la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico — amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico — sociale) e privati» – affermazione che ingenera perplessità nel richiamo alla funzione di indirizzo politico-amministrativa- deve nondimeno ritenersi che il giudizio di compatibilità ambientale, pur reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione pienamente esposti al sindacato del giudice, è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse dell'esecuzione dell'opera". Il giudice amministrativo, in ipotesi di discrezionalità amministrativa, salvo i casi tassativi di cui all'art. 134 c.p.a., non può sindacare il merito, cioè l'opportunità del provvedimento, ma può solo esercitare un sindacato estrinseco con riferimento a vizi di legittimità, e cioè la manifesta illogicità o travisamento dei fatti. La V.i.a. in Italia è stata introdotta gradualmente dapprima con la legge 8 luglio 1986 n. 349, art. 6, di recepimento della Direttiva 85/337/CEE, istitutiva del Ministero dell'Ambiente, la quale dettava una disciplina transitoria protrattasi oltre il tempo stabilito. Con la l. 241/90, viene disciplinata, agli artt. 14- 14 quater, la procedura di V.i.a. nella conferenza dei servizi. Il d. lgs. 1994 n. 496 qualifica la V.i.a. quale attività tecnico- scientifica per la protezione dell'ambiente, successivamente gli artt. 34, 35 e 71 d. lgs. 112/98 specificano il riparto di competenze Stato/Regioni. Un riordino della normativa in materia è dato dal Codice dell'Ambiente, d. lgs. 152/06 che dedica alla V.i.a., il Titolo III della Parte II. che tratta della procedura di V.a.s., V.i.a. e A.i.a. A seguito di censure di incompletezza, ad opera della Corte di Giustizia, la disciplina ha subito due correttivi nel 2008 e nel 2010, "Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'art. 12 della legge 18 giugno2009/69". Va ricordata la legge 114/15 "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea- Legge di delegazione europea 2014". La procedura, sia statale o regionale, è basata su tre fasi: 1) la fase introduttiva, a sua volta ripartita nella fase di iniziativa e pubblicità, 2) fase istruttoria e fase decisoria - ad essa si affiancano una serie di documenti non tecnici e tecnici, tra cui lo Studio di Impatto Ambientale-. Soggetti interessati sono il proponente o committente l'opera, la P.A. ed il pubblico interessato. Nella procedura statale, in fase introduttiva, il committente deve fare la comunicazione del progetto al Ministro dell'Ambiente, a quello per i beni ed Attività Culturali e alla Regione interessata. La documentazione consta di atti di natura tecnica e non tecnica finalizzati alla pubblicazione cui il committente deve provvedere sul quotidiano più diffuso a livello regionale e nazionale. Nella fase di istruttoria la Commissione per la valutazione di impatto ambientale verifica la compatibilità ambientale del progetto ricorrendo ad accertamenti tecnici e discrezionali. La fase decisoria riguarda l'emanazione dell'atto conclusivo, cioè il giudizio di compatibilità, da parte del Ministro dell'Ambiente, con l'intervento eventuale della Regione interessata e del Ministro per i Beni ed Attività Culturali: il provvedimento può essere positivo, negativo, o interlocutorio negativo. |
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