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Data: 12/04/2017 16:00:00 - Autore: Daniele Paolanti Avv. Daniele Paolanti - Gli interventi nelle aree condominiali hanno rappresentato da sempre uno degli argomenti maggiormente controversi sul quale la giurisprudenza si è sovente pronunciata. Di particolare interesse è la questione della possibilità di allargare la porta sul pianerottolo. Partiamo da un presupposto, che le parti comuni dell'edificio sono sottoposte alla disciplina di cui all'art. 1117 c.c. che così dispone: "Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio (4), le fondazioni, i muri maestri (5), i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari (6), le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili (7) e le facciate […]". Le aree
che non rientrano nella proprietà esclusiva di un condomino non possono di
conseguenza non ricadere nella disciplina di cui all'art. 1117 c.c. Allargare o spostare la porta sul pianerottoloCi si interroga in questa sede se sia possibile provvedere all'allargamento di una porta sul pianerottolo o se sia possibile spostare la medesima. Possono sorgere molteplici esigenze che giustificano una siffatta scelta e di conseguenza ci si interroga su quale soluzione la giurisprudenza abbia elaborato sul punto. La soluzione alla quale si intende aderire è quella individuata dalla Corte di Cassazione la quale, in un celeberrimo precedente, ha ammesso che laddove dovesse risultare che l'apertura operata da uno dei condomini in corrispondenza delle scale del fabbricato comune non abbia apportato alcun mutamento alla conformazione e allo spazio delle scale oppure questa non abbia limitato il godimento degli altri condomini, né abbia determinato alcun danno alle parti comuni o pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico del fabbricato, la relativa fattispecie rientra nella disciplina dell'uso della cosa comune (Cass. civ., sez. II, 20 giugno 1977, n. 2589). Di conseguenza, fermo restando il doveroso adempimento ad ogni
singola prescrizione del regolamento, rimane da puntualizzare che l'intervento
di un condomino che vada ad incidere sulla cosa comune non determinando danni
architettonici né limitando il godimento altrui, debba essere considerato come
godimento della cosa comune. Si riporta ancora sul punto il disposto dell'art.
1102 c.c. cui si intende aderire per interpretazione analogica "Ciascun partecipante può servirsi della cosa
comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri
partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può
apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento
della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune
in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo
del suo possesso". |
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