Data: 03/08/2005 - Autore: www.dirittosuweb.com.
Con ordinanza del 28/7/2004 il Tribunale di Asti annullava, in sede di riesame, il decreto di sequestro probatorio emesso dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, in data 1/7/04, nei confronti di *XXXX* indagato in ordine al delitto previsto dall'art. 600 quater c.p. ed ordinava la restituzione, all'avente diritto, delle cose in sequestro, affermando e ritenendo: a) che dagli atti era emerso come il 28/02/'02 personale del Nucleo operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Asti avesse stipulato, di propria iniziativa, allo scopo di accertare l'attività delittuosa connessa alla diffusione, acquisizione e commercializzazione di materiale pedofilo, un contratto di accesso ad Internet, utilizzando un nome fittizio e pagando il relativo prezzo con una carta di credito e così aveva ottenuto l'iscrizione necessaria per la visualizzazione del sito "*XXXXX*" e si era procurato immagini commercializzate su diversi siti operanti nel mercato pedo-pornografico; b) che, segnalato ciò al Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale, costui aveva ipotizzato l'esistenza del reato previsto dall'art. 600 ter co. 2^ e 3^ c.p. e chiesto al Giudice per le indagini preliminari, il quale l'aveva autorizzata con decreto del 3/4/02, l'intercettazione dei flussi telematici degli accessi ai diversi siti che risultavano commercializzare materiale pedofilo; c) che il detto P.M. aveva anche disposto l'acquisizione dei numeri telefonici e la identificazione dei relativi intestatari, ai quali erano stati assegnati gli indirizzi per i collegamenti ai siti in questione; d) che, sulla base dei dati così acquisiti, il menzionato Procuratore della Repubblica aveva disposto, con il decreto impugnato, perquisizione personale e domiciliare in danno, fra gli altri, di *XXXX* indagato in ordine al delitto di cui all'art. 600 quater c.p., per essersi procurato consapevolmente materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, acquisendolo da siti di pornografia, nonché il sequestro di eventuali corpi di reato identificati, dai militari operanti, in un "personal computer", in tre confezioni di "floppy disks" ed in una custodia in plastica contenente altri diciassette "floppy disks"; e) che il provvedimento impugnato ed il conseguente sequestro dovevano essere annullati perché disposti sulla base di una precedente attività investigativa illegittima, in quanto posta in essere in violazione della normativa di cui all'art. 14 L. 3/8/'98, n. 269, la quale disciplina rigorosamente e senza possibilità di interpretazioni ed applicazioni in via analogica, le attività di contrasto dello sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori; f) che, in particolare, a mente della norma testé richiamata, le attività di contrasto esperibili sono limitate all'accertamento solo dei reati previsti dagli arti 600 bis co. 1^, 603 ter co. 1^, 2^ e 3^, nonché 605 quinquies c.p., mentre nel caso in specie il reato oggetto di investigazione é quello di cui all'art. 600 quater c.p.; g) che, inoltre, l'attività investigativa sulla base dei cui risultati il decreto impugnato é stato emesso era stata svolta, dai Carabinieri, senza la necessaria, preventiva autorizzazione dell'Autorità giudiziaria; h) che, non essendo quindi utilizzabile - a mente dell'art. 191 c.p.p. - la detta attività di indagine, non poteva ritenersi provato ed esistente il "fumus" del delitto previsto dallo art. 600 quater c.p. Avverso l'ordinanza di riesame il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede l'annullamento per violazione di legge. Deduce, in particolare, il ricorrente che l'attività investigativa svolta dai Carabinieri, consistita nella navigazione in Internet ed individuazione di siti contenenti materiale telematico ottenuto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto e, poi, nell'intercettazione dei relativi flussi, non rientrerebbe nell'attività di contrasto di cui all'art. 14 L. 269/'98, ma sarebbe mera attività di polizia giudiziaria, come tale legittimamente utilizzata al fine di desumere da essa il "fumus" del reato per il quale il *XXXXXXXX* é indagato. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso é destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato. Dall'ordinanza impugnata si evince - e la circostanza non é contraddetta dal P.M. ricorrente - che i Carabinieri del Nucleo operativo del Comando provinciale di Asti nel Febbraio '02 stipularono, senza preventiva autorizzazione dell'Autorità giudiziaria ed utilizzando un nome fittizio, un contratto di accesso ad Internet e pagarono con carta di credito l'iscrizione necessaria per accedere alla visualizzazione del sito pornografico sopra indicato. Ciò allo scopo, dichiarato, di accertare eventuale attività delittuosa connessa all'acquisizione, diffusione e commercializzazione di materiale pedofilo realizzato con lo sfruttamento sessuale di minori di anni diciotto. All'esito delle indagini e dopo essersi in tal modo procurate immagini commercializzate su diversi siti operanti nell'ambito del mercato pedo-pornografico, riferirono al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti il quale ipotizzò l'esistenza del delitto previsto dall'art. 600 ter co. 2 e 3 c.p. (commercio, distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione, anche per via telematica, di materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori degli anni diciotto) e, da un canto, chiese al Giudice per le indagini preliminari, nel Marzo '02, la autorizzazione - ottenuta - all'intercettazione dei flussi telematici di accesso ai diversi siti che, in base alle investigazioni esperite, risultavano commercializzare materiale di tipo pedofilo e, dall'altro, dispose l'acquisizione dei numeri telefonici e l'identificazione dei relativi intestatari ai quali figuravano assegnati gli indirizzi di posta elettronica indicati per i collegamenti ai siti intercettati. Sulla base dei risultati di tale laboriosa attività l'1/7/04 il detto P.M. instaurò procedimento penale a carico del *XXXXXXXX* quale indagato in ordine al delitto previsto dall'art. 600 quater c.p. (detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori degli anni diciotto) e dispose, nei confronti dello stesso, perquisizione personale e domiciliare, nonché il sequestro di quanto potesse costituire corpo del reato oggetto di investigazione. Orbene, l'art. 14 co. 1^ L. 3/8/'98, n. 269, stabilisce che "nell'ambito delle operazioni disposte dal Questore o dal responsabile di livello almeno provinciale dell'organismo di appartenenza, gli Ufficiali di polizia giudiziaria delle strutture specializzate per la repressione dei delitti sessuali o per la tutela dei minori, ovvero di quelle istituite per il contrasto dei delitti di criminalità organizzata, possono, previa autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di cui agli artt. 600 bis co. 1^, 600 ter co. 1^, 2^ e 3^, 600 quinquies c.p., procedere all'acquisto simulato di materiale pornografico ed alle relative attività di intermediazione, nonché partecipare alle iniziative turistiche di cui all'art. 5 della presente legge. Dell'acquisto é data immediata comunicazione all'Autorità giudiziaria che può, con decreto motivato, differire il sequestro sino alla conclusione delle indagini. Nella fattispecie in esame il "fumus" del delitto di cui all'art. 600 quater c.p., ipotizzato a carico del *XXXXXXXXX* é stato desunto dai risultati delle investigazioni esperite dai Carabinieri del Nucleo operativo del Comando provinciale di Asti i quali, di loro iniziativa e senza preventiva autorizzazione dell'Autorità giudiziaria, avevano stipulato, utilizzando un nome fittizio, un contratto di accesso ad Internet e, pagando il relativo prezzo con carta di credito della quale si sconosce l'intestatario, si erano procurati l'accesso ad un sito nel quale si potevano osservare ed acquistare immagini pedo-pornografiche realizzate mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto. Siffatta attività investigativa, dichiaratamente finalizzata all'accertamento del reato previsto dall'art. 600 ter c.p., mirante a contrastare e reprimere delitti di pornografia minorile e condotta "sotto copertura", avrebbe dovuto essere preventivamente autorizzata dall'Autorità giudiziaria ed i relativi risultati avrebbero potuto essere utilizzati al fine di acquisire elementi di prova solo in ordine ai reati di cui agli artt. 600 bis co. 1^, 603 ter co. 1^, 2^ e 3^, nonché 600 quinquies c.p. Essa é stata, invece, utilizzata sebbene illegittimamente esperita e per l'accertamento del reato previsto dall'art. 600 quater c.p., ipotizzato a carico del *XXXXXXXXX* non compreso fra quelli indicati tassativamente dalla norma di legge sopra riportata. La tesi del P.M. ricorrente, secondo cui quella in esame sarebbe stata ordinaria attività di indagine di polizia giudiziaria non può essere condivisa in considerazione dell'oggetto della investigazione, delle modalità con le quali essa é stata condotta e delle finalità cui era preordinata. A mente dell'art. 191 c.p.p. le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate e la loro inutilizzabilità é rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento. L'attività di contrasto, prevista dall'art. 14 L. 3/8/'98, n. 269, viene legittimata, in vista della gravità e dell'allarme sociale che alcuni delitti - specificamente indicati - suscitano, solo nei casi e modi previsti dalla legge. Trattasi di legittimazione concessa in via eccezionale, rispetto alle norme ed ai principi fondamentali del vigente ordinamento giuridico in tema di acquisizione delle prove, non suscettibile di interpretazioni o applicazioni in via analogica. Per le esposte considerazioni il Giudice del riesame ha correttamente ritenuto non esistente, in atti, il "fumus" del delitto oggetto di indagini preliminari a carico del *XXXXXXXX* ed ha annullato il decreto impugnato, considerando che - altrimenti - le perquisizioni ed il sequestro disposti dal P.M. si sarebbero tradotti in un mezzo - non consentito - di ricerca ed acquisizione della prova. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti avverso l'ordinanza emessa dallo stesso Tribunale, in data 28/7/04, nel procedimento a carico di *XXXXX* Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2004. Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2004.
(Cassazione , sez. III penale, sentenza 13.12.2004 n° 1481)
Autore: Vittorio Mirra
Tutte le notizie