Data: 28/04/2017 19:30:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – L'avvocato non può pretendere di avere un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con un cliente se manca un compenso fisso e se, nonostante il contratto di co.co.co. stipulato escluda lo svolgimento di attività libero-professionali forensi, le fatture rilasciate in favore del committente sono state emesse tutte dallo Studio legale al quale l'avvocato appartiene, costituito in forma di società tra professionisti.

Il versamento dei contributi

Tale conclusione è stata raggiunta dalla sezione lavoro della Corte di cassazione nella sentenza numero 10437/2017 qui sotto allegata, che ne ha fatto discendere importanti conseguenze in tema di versamento di contributi.

Nel caso di specie, infatti, un avvocato aveva invano tentato di ribaltare la decisione della corte del merito, con la quale, sulla base dei predetti elementi, era stato validato l'operato di Cassa Forense, che aveva ritenuto di assoggettare quegli specifici compensi a contribuzione ritenendo che gli stessi fossero stati erogati in forza di una prestazione libero professionale e non in forza di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.

Peraltro, la determinazione degli stessi era avvenuta secondo i canoni delle (allora vigenti) tariffe professionali e comprendeva voci quali onorari, diritti, indennità, compensi, spese generali, contributo integrativo.

Tutti elementi, insomma, che per la Cassazione, a fronte di una motivazione esaustiva e coerente del giudice dell'appello, portano ad escludere in maniera definitiva l'esistenza di un rapporto di co.co.co..


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