Data: 01/05/2017 18:00:00 - Autore: Laura Bazzan

Avv. Laura Bazzan - La collazione è un'obbligazione restitutoria prevista dagli artt. 737 e ss. c.c. da adempiere da parte di coniuge, figli e discendenti che abbiano accettato l'eredità, mediante il conferimento alla massa ereditaria di quanto pervenutogli in vita dal de cuius per spirito di liberalità, salvo che gli stessi non siano stati dispensati dal testatore.

Le due forme della collazione

La collazione può essere effettuata in natura, con l'esatta restituzione del medesimo bene ricevuto in donazione, ovvero per imputazione, con la restituzione del tantundem in denaro. La forma più ricorrente e tipica della collazione è quella secondo imputazione, mentre quella in natura è riservata ex art. 746 c. 2 c.c. alle sole ipotesi di beni immobili appartenenti al coerede, da questi non alienati né ipotecati.

La collazione in denaro

La collazione in denaro è espressamente disciplinata dall'art. 751 c.c. In tale fattispecie risultano sussumibili non soltanto le donazioni in favore di coniuge e discendenti aventi ad oggetto una somma di denaro, ma anche gli esborsi sostenuti dal de cuius a beneficio dei discendenti e, in particolare, ex art. 741 c.c., assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all'esercizio di un'attività produttiva o professionale, per soddisfare i premi relativi ad assicurazione sulla vita in loro favore o per pagare i loro debiti.

L'imputazione nella collazione di denaro

Il conferimento per equivalente per mezzo dell'imputazione si attua con la stima del bene donato avuto riguardo al valore dallo stesso posseduto al momento della morte del donante. In caso di donazioni in denaro, poiché la collazione costituisce obbligazione di natura pecuniaria, trova applicazione il principio nominalistico di cui all'art. 1277 c.c.

A mente dell'art. 751 c.c., la collazione del denaro donato si fa prendendo una minore quantità del denaro che si trova nell'eredità, secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all'epoca dell'aperta successione (art. 751 c. 1 c.c.). Quando tale denaro non basta e il donatario non vuole conferire altro denaro o titoli dello Stato, sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote (art. 751 c. 2 c.c.).

In base alla regola generale posta dall'art. 725 c.c., quindi, i coeredi non donatari prelevano dalla massa ereditaria una somma di denaro nominalmente uguale al denaro ricevuto dal donatario, in base al criterio di priorità della collazione per equivalente. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza, invero, "in tema di successioni mortis causa, la collazione del denaro si attua normalmente per imputazione, sul presupposto necessario che si sia in precedenza proceduto ad un'operazione di divisione dell'asse ereditario, realizzandosi l'imputazione, appunto, in un minor prelievo rispetto a quanto altrimenti spetterebbe pro quota al donatario sull'intero asse. Da ciò conseguono l'impossibilità di scindere logicamente i due momenti – quello della collazione e quello della formazione delle quote ereditarie spettanti a ciascun coerede – e perciò la necessità che la collazione si compia all'interno dell'operazione di divisione dell'asse ereditario" (Cass. n. 1854/2004).

Nel caso in cui nel relictum non vi sia denaro sufficiente, si fa luogo alla collazione reale mediante prelievo di altri beni ereditari, mobili o immobili. In via pretoria è stata ammessa la possibilità di escludere tale eventualità allorquando con donazione modale sia stato imposto all'erede l'onere di conferire in collazione il denaro ricevuto mediante imputazione e non in natura (cfr. Cass. n. 836/1973).

Se la quota del coerede conferente è inferiore al debito da imputare, e questi ha nondimeno accettato l'eredità, lo stesso donatario è tenuto ad effettuare i conguagli in denaro nei confronti dei coeredi versando alla massa l'eccedenza dal proprio patrimonio.

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