Data: 10/05/2017 21:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Con sentenza del 4 maggio 2017 (con la quale è stato definito il ricorso numero 66396/2014 qui sotto allegata) la Cedu ha inflitto l'ennesima condanna all'Italia per violazione dell'articolo 8 della convenzione.

Il diritto al rispetto della vita privata e familiare

La Corte, in particolare, ha basato tale condanna sull'affermazione che è dovere delle autorità nazionali non solo quello di adottare misure adeguate che sanzionino il comportamento di un genitore che impedisce all'altro di mantenere una relazione affettiva con il figlio ma anche quello di prendere delle decisioni rapide dinanzi a tale atteggiamento, considerati i rischi che derivano dal decorrere del tempo.

La vicenda

Il ricorso alla Cedu, nel caso di specie, era stato proposto da un uomo che, dopo essersi separato dalla moglie, era stato ostacolato da quest'ultima in tutti modi e non era riuscito a mantenere dei contatti adeguati con sua figlia.

A luglio 2011 si era quindi rivolto con ricorso urgente al Tribunale per tutelare i propri rapporti con la piccola, ma aveva ottenuto una decisione solo a novembre. Nel 2013, dopo aver statuito l'affido condiviso e il collocamento della minore presso la madre, il Tribunale dei minorenni aveva regolato le visite con il padre, che però si era rivolto (invano) alla Corte d'appello per ottenere un ampliamento dei periodi.

Il ritardo nella procedura lede il diritto alla vita familiare

Questi sono solo i passaggi salienti di un procedimento caratterizzato da numerosi ritardi, troppi per la Cedu: il rischio è, infatti, quello di trasformare il problema alla base della procedura in qualcosa di difficilmente rimediabile.

Tollerando i ritardi, infatti, le autorità italiane hanno nei fatti tollerato anche la circostanza che la madre continuasse a decidere autonomamente le modalità con le quali l'uomo poteva esercitare il suo diritto di visita alla figlia, di fatto ledendo il diritto alla vita familiare del padre e compromettendo le relazioni di questo con la minore.

Proprio per tale ragione, l'Italia ha subito l'ennesima condanna e dovrà ora pagare al ricorrente 3mila euro per i danni non patrimoniali subiti a seguito di tale vicenda e 12mila euro a titolo di spese.


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