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Data: 11/05/2017 20:40:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – La valutazione circa la legittimità di un licenziamento per giusta causa va effettuata con particolare attenzione, non tralasciando di considerare tutti gli elementi che hanno caratterizzato in concreto il comportamento del lavoratore. Ad esempio, con una sentenza di qualche tempo fa, il fatto di trovarsi in aspettativa non retribuita è stato considerato dai giudici una circostanza idonea a legittimare, in concorso con altre circostanze, lo svolgimento di un altro lavoro da parte di un dipendente pubblico. Il lavoro durante l'aspettativa non basta per licenziareCi si riferisce alla sentenza della sezione lavoro della Cassazione civile numero 14103/2016 (qui sotto allegata), con la quale i giudici hanno ritenuto non licenziabile il dipendente di una ASL che, mentre si trovava in aspettativa non retribuita, aveva lavorato in altre strutture senza ottenere la previa autorizzazione di quella di appartenenza: si tratta, per i giudici, di un comportamento inidoneo a integrare una giusta causa di licenziamento. La decisione del giudice del meritoLa Corte del merito, al contrario, aveva fondato il giudizio di gravità dell'inadempimento sulla sola reiterazione della condotta, senza considerare che gli incarichi erano stati svolti mentre il dipendente si trovava in aspettativa non retribuita. Inoltre, non aveva fatto alcun riferimento ai criteri indicati nel contratto ai fini del rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni (ovverosia né alle "responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente", né al "grado di danno o di pericolo causato all'azienda o ente, agli utenti o a terzi", né alla "sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore"). La gravità dell'inadempimentoPer la Cassazione, però, non può dimenticarsi che l'inadempimento che giustifica il licenziamento deve essere particolarmente grave e che " non è sufficiente, per ritenere giustificato un licenziamento, che una disposizione di legge sia stata violata dal lavoratore o che un obbligo contrattuale non sia stato dal medesimo adempiuto, occorrendo pur sempre che tali violazioni siano di una certa rilevanza". Oltretutto, occorre considerare anche che l'articolo 13 del c.c.n.l. del comparto sanità (applicabile nel caso di specie) non prevede tra le condotte tipizzate che giustificano il licenziamento disciplinare la violazione della disciplina dettata dall'articolo 53 del D.Lgs. n. 165/2001 (che si occupa di "incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi"). Vai alla guida: "Lavoro: l'aspettativa non retribuita" |
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