Data: 20/05/2017 19:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Va annullata l'ordinanza del sindaco che ha vietato l'accesso dei cani a un parco pubblico a causa della presenza di escrementi.

Lo ha stabilito il Tar Toscana nella sentenza del 16 maggio 2017 n. 694 (qui sotto allegata) con cui ha accolto il ricorso di un'associazione per l'abolizione della caccia, contro un provvedimento del primo cittadino ritenuto violativo dell'articolo 50, comma 5, del Dlgs 267/2000 per carenza dei presupposti, violazione degli articoli 13 e 16 della Costituzione nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

In effetti, il sindaco aveva disposto il divieto di accesso di cani, anche se accompagnati dai rispettivi padroni, al parco pubblico del paese, essendo stata riscontrata "la presenza di numerosi escrementi canini in ambito urbano comunale".

Associazione animalista legittimata ad agire

Nel pronunciarsi sul ricorso, il TAR riconosce innanzitutto la legittimazione ad agire dell'associazione, ai sensi degli artt. 13 e 18, l. 8 luglio 1986, n. 349 che attribuiscono alle associazioni ambientalistiche riconosciute, in via generale, la legittimazione processuale per la tutela degli interessi di cui le stesse risultano portatrici.

Infatti, per la giurisprudenza amministrativa sussiste sempre la legittimazione ad agire in capo a un organismo associativo con finalità ambientalistiche avverso provvedimenti lesivi degli interessi diffusi o collettivi, perseguiti e protetti, tra i quali rientra quello a un corretto rapporto con gli animali in genere e con gli addomesticati, in particolare.

Lo Statuto dell'associazione ricorrente, tra l'altro, indica espressamente quale scopo quello di promuovere la difesa della fauna e il riconoscimento dei diritti soggettivi di tutti gli animali e che, a tal fine, l'associazione "attua o favorisce tutte le iniziative giuridiche, politiche, culturali...idonee".

Cani: ordinanze solo in caso di emergenze igieniche

Il ricorso è inoltre fondato anche nel merito, in particolare stante l'insussistenza dei presupposti di cui dell'art. 50, co. 5, d.lgs. n. 267/2000 e il difetto di istruttoria e di motivazione. Dispone la norma in parola che il sindaco può emettere ordinanze contingibili e urgenti "in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale".

La disposizione è pacificamente interpretata nel senso che "l'esercizio da parte del sindaco di tale potere extra ordinem presuppone il requisito della necessità di un intervento immediato, al fine di rimuovere uno stato di grave pericolo per l'igiene e/o la salute pubblica e caratterizzato da una situazione eccezionale e/o imprevedibile da fronteggiare per mezzo di misure straordinarie di carattere provvisorio e, pertanto, non adeguatamente contrastabile tramite l'utilizzo degli ordinari mezzi di carattere definitivo previsti dall'ordinamento giuridico".

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, oltre a non recare alcuna indicazione in ordine ai suoi limiti temporali di efficacia, non appare sorretto da una adeguata istruttoria in ordine all'esistenza effettiva di un'emergenza sanitaria o di igiene pubblica, tale evidentemente non potendo considerarsi la mera rilevazione di "escrementi canini in ambito urbano comunale"

Per completezza d'argomentazione, precisa il Collegio, va rilevato che la Regione Toscana, con la legge n. 5972009, ha anche disciplinato la "tutela degli animali" da affezione, stabilendo all'art. 19 che "ai cani accompagnati dal proprietario o da altro detentore è consentito l'accesso a tutte le aree pubbliche e di uso pubblico, compresi i giardini, i parchi e le spiagge; in tali luoghi è obbligatorio l'uso del guinzaglio e della museruola qualora previsto dalle norme statali".

Al secondo comma la norma soggiunge che è vietato l'accesso ai cani solamente "in aree destinate e attrezzate per particolari scopi, come le aree gioco per bambini, qualora a tal fine sono chiaramente delimitate e segnalate con appositi cartelli di divieto".

Ne discende, per le ragioni esposte che il ricorso va accolto con il conseguente annullamento dell'atto impugnato.

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