Data: 29/05/2017 21:40:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Le tariffe professionali, eliminate dalla Legge Bersani, potrebbero tornare nuovamente in vigore. Dopo le numerose proteste culminate in una manifestazione svoltasi a Roma lo scorso 13 maggio (per approfondimenti: Avvocati: in marcia il 13 maggio per il giusto compenso), le richieste degli ordini professionali volte all'introduzione di una legge sul giusto compenso potrebbero essere esaudite.

Tutto questo grazie al disegno di legge n. 2685 (qui sotto allegato) presentato dai senatori Bartolomeo Pepe e Michelino Davico e recante "Disposizioni urgenti per la tutela dei cittadini e della qualità del lavoro dei professionisti".

La reintroduzione dei minimi tariffari, infatti, è stato un argomento molto discusso e il ddl si pone come obiettivo quello di abrogare le disposizioni sulla concorrenza fra i professionisti introdotte dal Decreto Bersani, così da far reintrodurre l'obbligatorietà delle tariffe minime nell'ambito della determinazione degli onorari dei liberi professionisti.
Come si legge nella relazione introduttiva, con il decreto Bersani (n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006) le professioni "sono state trasformate in lavori impoveriti in cui la concorrenza fra i singoli lavoratori autonomi ha condotto a una drammatica riduzione dei compensi e, quindi, delle prospettive di guadagno futuro" e ciò ha condizionato fortemente anche la qualità dei servizi resi.
Per raggiungere il suo obiettivo, volto a tutelare i professionisti e la concorrenza nell'ambito delle professioni intellettuali, il ddl si compone di un solo articolo che andrebbe ad abrogare l'art. 2 del decreto legge 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.

Il ritorno delle tariffe professionali

Per avvocati e liberi professionisti esisteva, fino a qualche anno fa, la cosiddetta "tariffa professionale", ossia una sorta di "prezziario" che rappresentava una retribuzione minima di legge, proporzionata alla tipologia e all'entità della relativa prestazione.
I minimi tariffari, spiega la relazione al ddl, adottati soprattutto in ambito pubblico, erano di fatto dei massimi di legge, che costituivano dei riferimenti per le prestazioni professionali di ingegneria ed architettura, rispetto ai quali gli enti pubblici potevano derogare con ribassi non superiori al venti per cento.
In questo modo veniva riconosciuta una dignità professionale, al pari delle prestazioni degli altri lavoratori, sia del settore pubblico che del settore privato.

Come spiegano i firmatari, il legislatore deve "andare incontro alle esigenze della collettività in termini economici e di qualità di servizi richiesti, affinché sia garantita l'offerta di una prestazione qualitativamente accettabile, non ispirata a criteri prevalentemente concorrenziali".

Per queste ragioni, in conclusioni, si riterrebbe necessario la reintroduzione delle tariffe minime per tutti i liberi professionisti, "così da migliorare il rapporto tra la questi ultimi e i cittadini, con favorevoli ripercussioni sul territorio".


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