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Data: 30/05/2017 16:40:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Copiare una prova dell'esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense da internet, mettendoci, però, del proprio, non è un comportamento penalmente rilevante. Lo ha sancito il Giudice per le Indagini Preliminari di Nocera Inferiore con la sentenza del 27 febbraio 2017 (sotto allegata), così assolvendo un aspirante avvocato dall'accusa di "falsa attribuzione di un lavoro altrui" di cui all'articolo 1 della legge numero 475/1925. Il candidato, in particolare, aveva presentato alla commissione esaminatrice un parere motivato in materia di diritto civile, in parte copiato attingendo da alcuni siti internet, tra i quali Wikipedia. Lo sforzo espositivoPer il GIP, però, la corrispondenza delle parole utilizzate dall'aspirante avvocato con quelle delle fonti presenti sul web non realizza il comportamento censurato dalla legge del 1925. Nel punire la falsa attribuzione di un lavoro altrui, infatti, questa legge non limita il concetto di dissertazione, studio o lavoro (copiati) a delle "mere ed elementari formule definitorie, di comune impiego nel mondo del diritto, ovvero citazioni pedisseque di massime giurisprudenziali". La dissertazione, infatti, deve intendersi come la trattazione di un argomento "ampia, approfondita e dotta", mentre lo studio o il lavoro sono "l'esposizione articolata di un tema, frutto di un'elaborazione concettuale autonoma". Tanto premesso, ciò che occorre verificare per accertare che vi sia stata effettivamente la violazione sanzionata non è tanto il fatto che le frasi o le proposizioni del testo "incriminato" coincidano con quelle di fonti esterne: l'indagine, piuttosto, deve concentrarsi sull'assenza di elaborazione critica dei dati acquisiti. Del resto, per il GIP, "la norma in argomento sanziona ... la riproduzione grafica di un elaborato altrui che, a prescindere da modeste aggiunte, vada effettivamente a permeare l'impianto complessivo del testo, sì da escludere che esso sia la risultante di una riflessione personale dell'apparente autore". Così, essa tutela la cd. "fede pubblica personale". La vicendaNel caso di specie, il candidato aveva posto in essere una copiatura che però, nel complesso, non poteva reputarsi idonea ad inficiare la paternità del parere consegnato alla commissione. L'esposizione, nella sua interezza, non poteva non essere considerata il frutto di un suo autonomo sforzo espositivo, considerato anche il fatto che egli, nonostante avesse ripreso alcune parti integralmente da internet, si era comunque soffermato sulla problematica sottoposta alla sua attenzione con un proprio ragionamento e la aveva ricostruita personalmente. Per tali ragioni, l'aspirante avvocato, nonostante la valutazione negativa della commissione, è stato assolto dall'accusa penale perché il fatto non sussiste. |
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