Data: 06/06/2017 21:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Non sussiste il reato di danneggiamento con violenza sulle cose nei confronti di chi sposta da una stanza all'altra i mobili della casa dell'ex, anche se per fargli un dispetto.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 27465/2017 (qui sotto allegata), respingendo il ricorso del P.M. che aveva chiesto procedersi nei confronti di una donna per il reato ex art. 392 del codice penale (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose)

In sede di merito, il fatto era stato ritenuto insussistente in quanto l'imputata non aveva danneggiato o reso inservibili le suppellettili di proprietā della persona offesa: per la configurazione di tale reato, secondo i giudici, si sarebbe dovuta realizzare una violenza sulle cose, consistente nell'esplicazione di una forza materiale tale da produrre la distruzione, la rottura, il deterioramento o comunque la trasformazione fisica della cosa tale da impedirne l'utilizzazione originaria.

Per il Procuratore Generale, invece, a tale scopo sarebbe stato sufficiente anche il solo mutamento della destinazione o della utilizzazione della cosa, indipendentemente dalla sua fisica alterazione e dal verificarsi di danni materiali: dunque, nel caso di specie, lo spostamento di mobili destinati ad arredare alcuni vani e il loro deposito in altro luogo avrebbe integrato la condotta punibile di cui al citato art. 392.

Cassazione: deve sussistere un danno agli arredi

La Cassazione, non condividendo tale ricostruzione, precisa che ai fini della configurazione di tale reato č necessaria una condotta di danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione del bene che renda necessaria una non agevole attivitā di ripristino.

A tal proposito, gli Ermellini richiamano un precedente (Cass., sent. 46153/2013), analogo alla fattispecie di cui č causa, in cui č stato escluso che l'asportazione di mobili da un appartamento, senza causare danni agli arredi o all'immobile, potesse integrare il delitto di cui all'art. 392 del codice penale. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.



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